Nicolino Grande Aracri, i rapporti con la politica e la massoneria “deviata”
Nicolino Grande Aracri tra politica e massoneria "deviata": il boss ha 180 giorni di tempo per raccontare tutti gli intrecci ai pm antimafia.
La domanda più frequente di ieri è stata la seguente: perché il super boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri, un mese fa ha deciso di collaborare con la giustizia? Un interrogativo legittimo se si considera che stiamo parlando di uno dei vertici più potenti e autorevoli della ‘ndrangheta calabrese. Il paragone con Tommaso Buscetta, non è per niente azzardato, ma ovviamente ci sono delle differenze.
Quella sostanziale è che, rispetto a 40 anni fa, in Calabria non è in corso alcuna guerra di mafia e la posizione criminale di Nicolino Grande Aracri è sempre considerata di primo piano. Per dirla in termini calcistici un boss di “Champions League”, al pari di Luigi Mancuso e degli altri “Padrini” della ‘ndrangheta reggina. Il motivo di tale decisione, allo stato attuale, lo conosce solo lui.
Nicolino Grande Aracri ha 180 giorni per svuotare il sacco
Questo, d’altronde, è un aspetto di non poco conto, in quanto ogni pentito, nell’arco di 180 giorni, è obbligato a parlare di tutti i delitti, intesi reati, commessi nel corso della carriera criminale. Quindi, Nicolino Grande Aracri, dovrà partire dagli anni ’90, o forse ancora da più lontano, per spiegare ai pm antimafia come sia riuscito a diventare il capo dei capi nella “Provincia” di Crotone e punto di riferimento mafioso anche in provincia di Cosenza e Catanzaro.
Nicolino Grande Aracri: politica e massoneria “deviata”
Inoltre, ogni collaboratore deve riferire di fatti-reato riguardanti i propri familiari, sempre che ne abbiano commessi, ricostruendo la scala gerarchica della cosca. Dovrà parlare, per essere attendibile agli occhi della Dda di Catanzaro e Bologna, anche della “zona grigia” e del suo potere economico. Insomma, Nicolino Grande Aracri, se davvero ha intenzione di collaborare con la giustizia, può far crollare mezza Italia.
La sua storia, da questo punto di vista, è piena di intrecci particolari. Dalla massoneria riconosciuta a quella “deviata”, dai titoli, come quello di “Cavaliere di Malta”, ai rapporti indiretti con membri del Vaticano. Senza dimenticare la vasta gamma di professionisti a sua disposizione. Dai politici ai banchieri, dai giornalisti ai medici. Insomma tante categorie prestigiose che, in passato, avevano deciso di “assecondare” il potere mafioso di Nicolino Grande Aracri.
Il pentimento prima della Consulta
Quali potranno essere i vantaggi di questa nuova eccellente collaborazione? Lo scopriremo soltanto attraverso i processi. Tuttavia, è innegabile che ci troviamo di fronte a un criminale già condannato all’ergastolo (ostativo) in via definitiva, ma la recente decisione della Corte Costituzionale cambia gli scenari.
Infatti, la Consulta ha stabilito che il “fine pena mai” ostativo è incompatibile con la Costituzione. I giudici si riferiscono a coloro i quali sono stati condannati in qualità di boss e affiliati alla mafia e che impedisce loro, se non collaborano, di accedere (dopo 26 anni di reclusione) alla liberazione condizionale, anche quando è certo che si sono ravveduti.
La Corte Costituzionale ha dato un anno di tempo al Parlamento per provvedere con una legge, consapevole dell’impatto che una sentenza di incostituzionalità immediatamente efficace potrebbe avere sulla lotta alla mafia. Ma se il legislatore resterà a braccia conserte, a maggio del 2022 la Consulta cancellerà quella norma che ritiene in contrasto con principi basilari della Carta fondamentale. Per adesso, la magistratura incassa la fiducia di Nicolino Grande Aracri, ma valuterà ogni parola di quello che dirà.