«Volevano aprire un “locale” di ‘ndrangheta a Cosenza, ma i boss erano tutti in carcere»
I pentiti Zappia e Presta raccontano le intenzioni dei cosentini e Franco Pino parla della sua epoca, quando il suo clan rispondeva ai Piromalli
Cosenza non è un “Locale di ‘ndrangheta”. Una circostanza che emerge dalle carte dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, attraverso le parole dei collaboratori di giustizia. Per approfondire l’argomento, i magistrati antimafia riprendono le dichiarazioni di Franco Pino, vecchio boss di Cosenza, e oggi pentito, aggiungendo quelle del giovane di Roggiano Gravina, Roberto Presta, il quale dichiara di essere a conoscenza del fatto che c’era l’intenzione di far aumentare la caratura criminale della città dei bruzi.
Franco Pino sosteneva che «noi cosentini non rispondevamo direttamente alla Madonna di Polsi, per noi il riferimento era Piromalli; se poi Piromalli rispondeva a Polsi erano affari suoi; anche se in ogni caso erano cose che sapevo bene. Cosenza, in realtà, non aveva una tradizione ‘ndranghetistica importante come quella di Reggio o della ionica, anzi era un locale considerato “infame” anche perché alcuni esponenti avevano interessi nel settore della prostituzione, cosa ritenuta disdicevole per uno ‘ndranghetista» spiega Franco Pino. «Alla mia epoca, Cosenza era quindi un locale di ‘ndrangheta conosciuto nell’ambiente criminale, ma non formalmente aperto».
Nel mondo di oggi, come spiegato in un altro servizio, è Michele Di Puppo che voleva aprire un “Locale” a Cosenza. Ne parla anche il collaboratore Diego Zappia. «A Cosenza non c’è un locale di ‘ndrangheta. Ciò non significa che non ci sono ‘ndranghetisti a Cosenza, pur non essendoci un locale affermato di ‘ndrangheta. Di Puppo voleva aprire un locale a Rende o a Cosenza, già ne aveva parlato con i rosarnesi quando si trovava ristretto nel carcere di Palmi. I rosarnesi, nella persona di Michele Oppedisano, gli avevano detto che quando si sarebbero trovati di nuovo fuori dal carcere e si sarebbe ricostituita la “cupola” della ‘ndrangheta avrebbero aperto il locale a Rende o a Cosenza, con un carissimo amico di Di Puppo che lui mi disse chiamarsi Francesco Patituccio».
Roberto Presta conferma quanto detto da Zappia: «A Cosenza non c’è un locale di ‘ndrangheta. Le uniche “locali” che conosco sono a Reggio Calabria, alla Mongiana, dalle parti di Serra San Bruno e a Cetraro. In merito a questo discorso della “locale”, aggiungo che nel 2013, durante il mio periodo di detenzione presso il carcere di Catanzaro, Patitucci, Michele Di Puppo, Romano Chirillo e altri soggetti, avevano parlato della possibilità di aprire un “locale” a Cosenza. Tuttavia per poter aprire un “locale” è necessario che i capi di ogni “clan” siano in libertà in quanto devono prendervi direttamente parte non potendo delegare ad altri soggetti con una minore caratura criminale».