Arresti a Cosenza, il Riesame: «Operano sette gruppi di stampo mafioso». Ecco quali sono
Il Tdl di Catanzaro deposita le motivazioni con le quali ha confermato il carcere ai presunti esponenti della confederazione mafiosa
Sette gruppi di stampo mafioso confederatisi per controllare ogni attività illecita posta in essere nell’hinterland di Cosenza. Sono queste le motivazioni del Riesame di Catanzaro che confermano l’esistenza dell’unione dei clan di ‘ndrangheta tra Cosenza, Rende e Roggiano Gravina. Estorsioni, usura, narcotraffico, intestazioni fittizie di beni, pestaggi e tanto altro. Il Tdl non ha avuto tentennamenti nel condividere l’ordinanza del gip di Catanzaro, Alfredo Ferraro, mantenendo pressoché inalterato l’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro.
Arresti a Cosenza, come e quando nasce la confederazione mafiosa
Leggendo attentamente le motivazioni del Riesame di Catanzaro, si constata come l’attività investigativa, circa la sussistenza di una confederazione mafiosa a Cosenza e Rende, nasca nel 2012, allorquando la Dda di Catanzaro, all’epoca diretta dal procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, lavorava all’indagine “Nuova Famiglia“, nata da un’informativa della procura di Cosenza, denominata “Thurium“, originata dopo l’omicidio del parcheggiatore Francesco Messinetti, per il quale è stato condannato Maurizio Rango e altri soggetti a lui vicini.
L’informativa “Thurium” della procura di Cosenza
L’informativa “Thurium” riguardava le attività illecite del gruppo capeggiato da Rango, il quale riuniva i suoi sodali nel suo appartamento. Appena profilatasi l’aggravante mafiosa, l’allora pubblico ministero Antonio Bruno Tridico, d’intesa con il procuratore Dario Granieri, inviarono tutto il materiale indiziario alla Dda di Catanzaro. Il fascicolo quindi venne preso in consegna dal magistrato antimafia Pierpaolo Bruni, oggi procuratore di Paola, il quale delineò la strategia investigativa per arrivare a un obiettivo ambizioso: disarticolare la cosca “Rango-zingari“. Cosa che avvenne qualche anno dopo con una sentenza di condanna chiara e inequivocabile.
Dalla doppia indagine “Nuova Famiglia” e “Doomsday” si profila dunque un cambiamento di prospettiva della ‘ndrangheta cosentina. I primi segnali di una confederazione sarebbero arrivati già prima che Michele Bruni morisse prematuramente a causa di una grave malattia. Poi, dopo il decesso del boss della famiglia “Bella bella” di Cosenza, gli “zingari” avevano un cruccio in testa: Luca Bruni era da ostacolo all’unione delle famiglie mafiose o voleva pentirsi? Prima che la situazione potesse peggiorare, incrinando i rapporti con gli italiani, Franco Bruzzese decise di ucciderlo. Cosa che fecero ad inizio gennaio del 2012 Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti. Maurizio Rango parteciò alle riunioni e seppellì il cadavere di Luca Bruni.
La storia degli italiani, co-organizzatori del delitto di mafia, non ha retto in nessun grado di giudizio e si è conclusa con l’assoluzione di Francesco Patitucci, che in carcere esternava la sua innocenza in modo perentorio. E alla fine della “fiera” aveva ragione.
Confederazione mafiosa estesa a Rende e Roggiano Gravina
Da qui si parte per giungere alla più grande operazione antimafia condotta dalla Dda di Catanzaro contro la criminalità organizzata cosentina di stampo mafioso. Sul punto il Riesame fa un’ampia sintesi: «La presente indagine, frutto delle propalazioni dei collaboratori di giustizia e soprattutto di un’estesa attività di intercettazione telefonica e ambientale, a partire dal 2012, ha consentito di riscontrare la perdurante operatività del sodalizio, a carattere armato, la perpetrazione di numerosissimi reati-fine da parte degli esponenti dei vari sottogruppi, l’accertamento della perdurante affiliazione di soggetti, liberi e anche detenuti, nonché l’individuazione di ulteriori soggetti partecipi».
«Dall’imponente mole delle risultanze investigative è emerso infatti che il Comune di Cosenza e il suo hinterland (principalmente Rende e Roggiano Gravina) costituisce il territorio di riferimento di diverse articolazioni ‘ndranghetiste che, seppur distinguibili, mantengono un carattere unitario tale da costituire una vera e propria confederazione di ‘ndrangheta».
Ecco quali sono i sottogruppi criminali
«L’alleanza vede protagonisti i due clan storicamente operativi sul territorio, “clan degli italiani” e “clan degli zingari”, che a loro volta si dipanano in differenti sottogruppi, i quali sebbene autonomi, sono tutti riconducibili all’associazione confederata – facente capo a Francesco Patitucci, già reggente per conto di Ettore Lanzino, al quale poi, nel periodo di detenzione, subentra Roberto Porcaro – che risulta essere unita nella gestione degli affari illeciti, i cui proventi confluiscono nella cosiddetta “bacinella comune“. La contestazione provvisoria fa, dunque, riferimento a sette gruppi facenti capo alla confederazione:
- gruppo Patitucci: operante nel comune di Cosenza al cui apice vi è Francesco Patituccci
- gruppo Porcaro: anch’esso operante nel territorio del Comune di Cosenza, con ruolo apicale rivestito da Roberto Porcaro
- gruppo zingari “Banana”: al pari dei precedenti gruppi, anche questo risulta operante nel territorio cosentino
- gruppo degli “altri zingari”: operante a Cosenza
- gruppo Presta: ne fanno parte gli eredi di Franco Presta, e operante essenzialmente nel territorio del Comune di Roggiano Gravina
- gruppo Di Puppo: operante nel territorio di Rende
- gruppo D’Ambrosio: con vocazione prettamente “estorsiva”
Da ciò si evince che «la consorteria riconosciuta e denominata “Lanzino-Ruà-Patitucci” è risultata essere confederata con l’altra importante realtà del crimine organizzato nella città di Cosenza, con ramificazioni nella provincia, meglio conosciuta come cosca degli “zingari” e della quale la famiglia “Abbruzzese“, alias “Banana“, ne costituisce l’espressione più importante, com’è desumibile, in parte, anche dagli esiti delle indagini del procedimento penale “Testa di Serpente”». (1/continua)