martedì,Marzo 18 2025

Sanremo, con Brunori inizia il tempo delle noci. Storia di un festival che non dimenticheremo

Il cantautore ha conquistato il festival con emozione e autenticità, regalandoci uno spettacolo che resterà nella memoria. Il giallo del televoto

Sanremo, con Brunori inizia il tempo delle noci. Storia di un festival che non dimenticheremo

Il festival è tramontato prima dell’alba, ma resterà un’edizione memorabile a queste latitudini. Brunori a Sanremo è stato capace di unire la Calabria senza bisogno di ponti o sermoni. Qualcuno, in passato, l’aveva anche fatto anche santo, per goliardia, il 31 agosto, quando nascono gli amori e l’estate muore, in omaggio al suo verso di Guardia ’82. Di sicuro un miracolo l’ha fatto davvero, diventando l’unico propheta in patria di calabra memoria.

Sì, volevamo un altro finale. Ma lo Spettacolo è questa carretera qua; lo sappiamo dalla Bertè, da Vasco, da Rino Gaetano, da Zucchero, che la vittoria più poetica è arrivare a un soffio. D’altronde le storie migliori non raccontano quasi mai di chi ce la fa per volontà divina o per mobilitazione manageriale, ma di chi quella montagna la scala a mani nude, con i titoli di coda che raccontano che poi è finita bene, benissimo.

Intanto a caldo. Sì, abbiamo votato e sì i voti non sono arrivati, molti, moltissimi a quanto pare. Non vi agitate, non accadrà nulla, la partita non si rigiocherà, nessun premio sarà riassegnato. Non ci sorbiremo Conti a stretto giro. E questa è la buona notizia.

Lucio Corsi, meritava altro, di sicuro di essere trattato meglio di un topo. L’omaggio a Toy Story ci è piaciuto tantissimo, come lui. È stato un colpo di fulmine al primo ascolto. Non sparire, eh.

Olly ha vinto e stamattina la delusione di tantissimi si è riversata su questo ragazzo, diventato un bersaglio. Eppure ieri, con grandissima umiltà, al momento della sua proclamazione, le prime parole che ha pronunciato sono state di stima per Lucio Corsi. Lasciatelo in pace, ha vinto, d’accordo, non è mica colpa sua.

Giorgia. Si aspettava il podio, se lo aspettava come la prima della classe si aspetta il 10 e invece si becca l’otto e mezzo; se l’aspettava così tanto che la sua delusione è tracimata in un fiume di lacrime quando le hanno consegnato l’inutile premio Tim. Lei è bravissima, lo sappiamo da trent’anni, ma la canzone non molto. Non si vince solo con il nome.

Carlo Conti. Ha fatto tutto per bene, sbagliando tutto, arrivando in orario direttamente dal passato. L’unico atto di disubbidienza civile è stato mandare in onda un video del Papa senza la sua autorizzazione (e si vede, pareva in diretta dal citofono di casa). Se non prende la scomunica lo rinnovano e ci ritocca l’anno prossimo.

E infine Brunori Sas, che ci è arrivato terzo. Dico “ci è arrivato” perché ieri alle due di notte, in quella compulsione magica che ha strappato al sonno anche i fedelissimi della narcolessia serale (tipo io) e gli amanti della negazione cocciuta (con annessa domanda “ma stai dormendo?” formulata ogni sera, come se quel russare che scuote il lampadario, fosse quello di sopra che sposta un tavolino), ci siamo ritrovati in piedi, sveglissimi come dopo il tiramisù del compleanno, a sperare che dopo la defenestrazione dei totem, lasciati fuori dalla cinquina, caduti uno dopo l’altro, forse potevamo farcela. È stato bello. Forse irreplicabile. Ma bello.

Intanto l’album di Brunori (il firmacopie in Calabria ci sarà il 20 febbraio all’Unical), trainato dal singolo sanremese, e anticipato da “Il morso di Tyson”, è fuori da pochissimo e ha già conquistato al primo ascolto. Tra i brani più condivisi ci sono la ballata in dialetto cosentino “Fin’ara luna”, la toccante lettera di un uomo alla sua donna ormai lontana tra le stelle, “La vita com’è”, e lo stornello “Pomeriggi catastrofici”, che rievoca le arie della scuola milanese — quella dei Conte, degli Jannacci e dei Gaber — e fotografa l’attimo di un tempo scanzonato, trasformandolo in una fulminea sceneggiatura musicale saporitissima, già destinata a diventare un cult da cantare e stracantare (magari in famiglia con un Cynar in mano).

Adesso inizia per l’autore calabrese un’altra parte della sua storia, quella in cui la gravità inizierà a sentirsi, perché il peso del successo è una massa importante; è un’energia che piega lo spazio e il tempo e attrae verso un centro pieno di promesse. Ma in quel centro qualcuno ha pensato di piantare un albero robusto e forte. È il tempo delle noci, signori. È questa la novità.

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