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Sabato pomeriggio il destino della Premier League passerà per il City Ground di Nottingham. Il Forest, neopromosso dopo ventitré anni di calvario nelle serie inferiori, ospita l’Arsenal: se i Gunners perdono, in riva al fiume Trent potrebbero festeggiare la salvezza. E, soprattutto, i Citizens stappare lo spumante del nono titolo (il quinto di Pep Guardiola).
Se però del destino di Haaland e soci non m’importa granché, al Forest sono invece legato sin dal 2003. Quando nella città di Robin Hood andai a studiare per un anno in Erasmus. All’epoca il Cosenza era appena ripartito dalla serie D e finii inevitabilmente per traslare le mie sofferenze calcistiche in quelle di Andy Reid (oggi viceallenatore) e Des Walker. La squadra però finì mestamente quattordicesima e, poco dopo, sprofondò persino in League One. Aumentando la mia nostalgia per quel giocattolo perfetto di Brian Clough, capace di portare a casa due Coppe dei Campioni consecutive a cavallo dei primi anni Ottanta.
A Nottingham dividevo l’appartamento con Stacy, un chitarrista locale che sapeva suonare l’assolo di Misirlou a una velocità pazzesca. Fu, di fatto, il mio personal trainer: di chitarra (che comprai al ritorno in Italia) e di inglese (ma non solo). Il nostro passatempo preferito era guardare assieme le partite di calcio in tv e prendere in giro Claudio Ranieri, spesso ospite come commentatore, per la sua parlata maccheronica.
Tra le prime conquiste dell’epoca per il mio vocabolario, annovero soprattutto il verbo to bet. Me l’insegnò una donzella spagnola raccontandomi com’era nato il suo fidanzamento con un ragazzo italiano: Scommettiamo che me lo faccio?, aveva detto alle amiche durante una festa Erasmus. La cosa faceva molto ridere, perché i due stavano insieme ormai da parecchi anni ed erano diventate le guide anziane degli studenti stranieri.
Ora, io per principio non ho mai scommesso sul Cosenza in vita mia. Ma, credetemi, se tra oggi e venerdì volessi mai puntare un ventino, lo farei sul playout tra noi e il Perugia. Potrei sbagliarmi (e lo spero: rientro tra quelli che seguiranno la sfida col Cagliari confidando fino al 90° nella salvezza diretta), ma lo considero lo scenario più plausibile.
L’ultimo turno di B intreccia perfidamente lotta salvezza e promozione. Il match chiave, per noi, si gioca alla Favorita: al Palermo serve una vittoria per blindare il posto nei playoff; al Brescia basta un punto per essere sicuro del playout, mentre i tre punti potrebbero garantirgli la gara di ritorno in casa. E noi conosciamo bene il vantaggio che costituisce questa chance.
Questo, ovviamente, se vogliamo guardarci le spalle. Ed è l’unica variabile da controllare, perché (per fortuna) il rischio retrocessione diretta all’ultima curva non c’è – e su questo, io, non avrei scommesso un euro nemmeno un mese fa.
Fin qui, insomma, lo scenario sarebbe piuttosto semplice. Si ingarbuglia, invece, a scrutare l’orizzonte. Perché il Como, dopo una stagione infausta, ha la (flebile) possibilità di riscattarsi e agganciare i playoff battendo il Cittadella. Certo, i lariani ne hanno ben quattro davanti. Due, però, si affrontano in uno scontro diretto (Reggina-Ascoli) e sta a vedere che si fanno lo sgambetto a vicenda. Un’altra (il Pisa) si sta facendo male da sola da mesi e non è detto che passeggi agile sulla Spal. Infine c’è il Venezia: avessi il solito ventino, oggi, lo punterei sulla loro vittoria del playoff, ma c’è prima da superare l’ostacolo Parma (e non è poco). E qui arriviamo a noi.
Gli emiliani, il Sudtirol e il Cagliari, nostro avversario, arrivano infatti sul filo di lana per giocarsi il quarto posto in classifica: ovvero, due partite in meno nei playoff. Sulla carta, il Sudtirol affronta un’avversaria (il Modena) che non ha più nulla da chiedere; ma il pari stentato col Cittadella di sabato scorso può essere indice di braccino corto. È quindi molto probabile che Claudio Ranieri (quello che mettevo alla bertuccia durante il mio soggiorno inglese) faccia di tutto per chiudere il torneo con la quarta vittoria di fila.
Dal suo arrivo in Sardegna a oggi l’uomo che merita un posto assoluto nella storia del calcio, per aver portato il Leicester sul tetto d’Inghilterra, ha perso due sole partite: Modena e Parma. Entrambe in trasferta, dove ha conquistato i tre punti solo contro Reggina e Perugia. Lontano dalle mura amiche, il segno prevalente è stata la X (cinque volte). Questo non lo scrivo per sminuire gli isolani, che ritengo tra le compagini meglio attrezzate, ma per dare il giusto peso alle goleade del Granillo e del Curi.
La classifica oggi, scrivevo ad aprile, prima del match col Palermo, vede Brescia, Spal e Benevento (…) ben piantate in fondo. La tentazione è di considerarle spacciate (ma, forse, non sarà così: non per tutte). Il Perugia, invece, fa parte di un gruppetto, nel quale vedo anche noi, Venezia e Cittadella, che potrebbero contendersi piazzamento playout e salvezza. Tra le tante previsioni firmate dal vostro affezionato scriba, questa è quella che più si è avvicinata allo stato attuale delle cose. Sento parlare di quota salvezza altissima, ma vi ricordo che siamo in piena media: fu bassissima un anno fa e nel 2019 (attorno ai 39), mentre nel 2020 e nel 2021 si attestò addirittura sui 46.
Dunque il playout, personalmente, l’avevo messo nel conto. E credo pure voi. Possiamo recriminare su Ascoli, dove con un po’ di precisione sotto porta avremmo potuto chiudere con Marras la partita già nel primo tempo. Ma nel calcio, spesso, vale il detto poggio e buca. O, parafrasando i Beatles, Micai you take is equal to Marras you (don’t) make.
In quegli otto mesi a Nottingham ricordo che scoprii un sacco di musica. Gli I Am Kloot, per esempio: quanto li ho amati! E poi i Violent Femmes, il primissimo Damien Rice e The Mars Volta. E tuttavia niente, per me, nella storia della musica si avvicina alla perfezione di questo trittico in cinque minuti dei quattro di Liverpool. Su Carry that weight si sono fatte un sacco di ipotesi e illazioni, ma la verità è che tutti abbiamo un peso da portare.
Quello del Nottingham Forest è stato, per molto tempo, la storia incredibile scritta negli anni Ottanta – la stessa che, ora, sta franando sulle spalle del Leicester, a un passo dalla retrocessione. Quello del Cosenza, invece, è la sensazione di aver avuto la chance di evitarli, questi playout, e salvarsi in anticipo. Ecco, se questo è il retropensiero di tifosi e squadra alla vigilia della partita col Cagliari, se lo levino tutti dalla testa. Questa è una gara da mente sgombra e piedi pronti (con le necessarie convergenze, vero Marras e Finotto?), senza recriminare troppo per le assenze di Nasti e Vaisanen, per approfittare del minimo calo di tensione degli avversari. È una partita di testa e nervi. I veri pesi e zavorre della nostra storia recente andranno affrontati a stagione conclusa.
E dunque facciamo così. Niente bets né sul Cosenza, né sul Forest. E approccio di gara leggero e cazzuto sia sulle rive del Trent che su quelle del Campagnano. Proprio come quella ragazza spagnola che, a quanto mi dicono, il suo let’s bet italiano alla fine l’ha addirittura sposato.