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Il 1 settembre 2022, quando in provincia di Cosenza, scattava il mega blitz contro la ‘ndrangheta cosentina, la Dda di Catanzaro non poteva immaginare che qualche giorno dopo sarebbe “capitolato” uno degli indagati. A distanza di una settimana dall’esecuzione dell’ordinanza cautelare, Ivan Barone si apprestava a varcare la porta d’ingresso della Questura di Cosenza, per iniziare la sua collaborazione con la giustizia. Così, i vari pm antimafia di Catanzaro hanno iniziato a sentirlo su tanti argomenti. Tra questi, i rapporti storici e solidi tra gli “zingari” di Cosenza e quelli di Cassano.
Barone infatti aveva dichiarato nei primi verbali di essersi recato nella Piana di Sibari con Luigi Abbruzzese detto “Pikachu”, al fine di parlare con Nicola Abbruzzese, alias “Semiasse”, per imbastire il traffico di droga. Sempre Barone aveva parlato della figura di Gianluca Maestri, con il quale avrebbe gestito gli interessi illeciti degli “zingari” di Cosenza, tutti in carcere dopo l’operazione antimafia “Testa di Serpente”. Barone, insomma, ha fornito un contributo alle indagini sul narcotraffico, riferendo in “Athena” anche dell’estorsione a un imprenditore di Montalto Uffugo, reato per il quale si è assunto tutte le responsabilità del caso.
Le estorsioni cosentine di Barone
Nelle numerose dichiarazioni rese alla Dda di Catanzaro, il pentito Ivan Barone ha raccontato anche altri reati che dice di aver commesso durante il periodo di libertà. A cominciare da una presunta estorsione ai danni di un negozio di alimentari. «Aggiungo che con riferimento all’esplosione dei colpi di arma da fuoco contro la vetrina dell’alimentari nel luglio del 2018, tale azione è stata compiuta materialmente da Denny Romano» e da un altro soggetto di Castrolibero «su mandato espresso di Gennaro Presta che nell’occasione hanno utilizzato una moto intestata a Marco Abbruzzese, il quale per questo si era arrabbiato perché ancora non era stato fatto il passaggio di proprietà».