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Il Tribunale di Paola ha ufficialmente chiuso il caso sulle morti sospette alla Marlane, la storica fabbrica tessile di Praia a Mare, con una decisione di archiviazione. Il Giudice per le indagini preliminari, Carla D’Acunzo, ha accolto la richiesta della Procura, stabilendo che non esistono elementi sufficienti per proseguire le indagini sui sette imputati accusati di omicidio e lesioni.
La vicenda Marlane, conosciuta anche come la “fabbrica dei veleni“, ha attirato l’attenzione per decenni, ponendo interrogativi su un possibile legame tra l’uso di sostanze chimiche pericolose e le numerose patologie tumorali che hanno colpito gli operai. Nonostante i due precedenti processi, conclusi senza colpevoli, il nuovo fascicolo aperto dalla Procura di Paola aveva cercato di chiarire se le morti fossero effettivamente riconducibili all’esposizione a materiali tossici.
La fabbrica Marlane, all’epoca della sua attività, rappresentava un simbolo di sviluppo industriale nel Sud Italia. Di proprietà della famiglia Marzotto, produceva tessuti pregiati, offrendo opportunità lavorative a numerose famiglie calabresi. Tuttavia, con la chiusura della fabbrica e l’insorgere di malattie tumorali tra gli ex dipendenti, si è aperta una lunga battaglia legale per accertare eventuali responsabilità.
Nonostante gli sforzi della Procura e le perizie dei consulenti, il Giudice D’Acunzo ha concluso che non ci sono prove sufficienti per dimostrare un legame diretto tra le sostanze utilizzate nella fabbrica e le malattie contratte dagli operai. Nella sentenza, si legge che “non si dovrebbe svolgere nessun ulteriore atto di indagine”, confermando così l’impossibilità di proseguire con il processo.
Gli indagati coinvolti, tra cui Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallino, Ivo Comegna, Carlo Lomonaco, Attilio Ruisse, Silvano Stoner ed Ernesto Antonio Favrin, erano stati accusati di disastro ambientale, ma anche in questo caso le indagini non hanno fornito elementi che potessero stabilire con certezza una loro responsabilità diretta.
Il collegio difensivo degli imputati era composto dagli avvocati Pietro Perugini, Angelo Giarda, Nico D’Ascola (già presidente della commissione Giustizia del Senato), Francesco Paolo Sisto (attuale viceministro della Giustizia), Niccolò Ghedini (poi deceduto), Paolo Giacomazzo, Stefano Putinati, Gianluca Luongo, Patrizia Morello e Licia Polizio. La difesa ha sostenuto l’assenza di prove concrete che dimostrassero una correlazione tra le malattie degli operai e le attività della fabbrica, argomento accolto dal Giudice nella decisione di archiviazione.
La Marlane ha rappresentato per molti anni un’opportunità economica per l’intero territorio del Meridione, diventando un fiore all’occhiello dell’industrializzazione del Sud Italia. Tuttavia, con il passare del tempo, i sospetti su un possibile disastro ecologico e le continue denunce degli ex lavoratori hanno trasformato quella che era una promessa di prosperità in un lungo e complesso caso giudiziario.