Un agguato pianificato, eseguito con almeno quattordici colpi di pistola calibro 9×21 esplosi da un furgone bianco affiancatosi all’auto della vittima davanti casa. È la cornice che emerge dall’ordinanza cautelare sull’omicidio di Giuseppe Gaetani, avvenuto a dicembre 2020, nella quale la Dda di Catanzaro individua una strategia congiunta delle cosche Forastefano e Abbruzzese per ribadire il controllo del territorio nella Sibaritide.

Secondo il capo d’imputazione, Pasquale Forastefano - reggente dell’omonima consorteria - e Nicola Abbruzzese, alias “semiasse”, avrebbero ideato e organizzato l’azione; Gianluca Maestri (oggi collaboratore di giustizia) viene indicato quale esecutore materiale. A supporto, la logistica che ruota intorno al capannone dell’azienda Agri a Cassano, messa a disposizione - questa l’ipotesi accusatoria - da Domenico Massa, con il coinvolgimento del fratello Maurizio e di Gianfranco Arcidiacono per l’uso di un telefono “pulito” dedicato ai segnali operativi.

La figura della vittima è tratteggiata come cerniera tra mondi criminali in dialogo. Gaetani, legato da parentela e frequentazione allo storico boss Leonardo Portoraro, intratteneva al contempo una relazione con una donna dei Forastefano. Dagli atti emergono incontri riservati organizzati presso la sua azienda (2015, 2016 e 23 febbraio 2018), in cui Portoraro e Forastefano si sarebbero visti grazie al suo supporto. Intercettazioni del 2017 e 2018 restituiscono conversazioni su leadership interne, alleanze e una possibile “pax”.

Il contesto è quello di una lunga stagione di faide e riassetti: dal locale fondato da Cirillo e la guerra con Carelli negli anni ’90, all’ascesa e poi al declino degli Abbruzzese (“zingari”) colpiti dalle operazioni Sybaris e Lauro; quindi l’emersione dei Forastefano (inchieste Omnia e Omnia 2) e, in tempi più recenti, l’alleanza tra i due gruppi fotografata da Kossa e Athena. L’omicidio, per gli inquirenti, s’inserisce in questa fase di consolidamento.

Le dichiarazioni di Maestri

Il cuore probatorio poggia su due canali dichiarativi ritenuti autonomi e convergenti. Gianluca Maestri, sentito il 15 dicembre 2023, si autoaccusa come autore materiale: racconta l’attesa del rientro della vittima, il via libera impartito da Pasquale Forastefano dal capannone e la partenza su un furgone bianco con due complici incappucciati (uno armato di Kalashnikov) e un autista. Afferma di aver scaricato un intero caricatore di pistola calibro 9 e riferisce l’ordine ricevuto in dialetto dal presunto mandante: «Scaricagliele tutt’e due addosso», precisando però di aver usato una sola arma. Nessun compenso “a prezzo”, ma — sostiene — stipendio maggiorato fino a 5-6 mila euro e benefit, come soggiorni in strutture tra Trebisacce e Laghi di Sibari.

Le parole di Talarico

Luca Talarico, vicino a Domenico Massa dal 2016, condannato in Kossa e collaboratore da novembre 2023, riferisce di aver visto, poco prima del febbraio 2021, un furgoncino bianco (tipo Doblò) parcheggiato nel capannone Agri: «Ecco a cosa serviva quel furgone», gli avrebbe detto poi Massa mostrandogli la notizia di un omicidio a Cassano. Talarico aggiunge il capitolo della demolizione: un escavatore manovrato da un Forastefano avrebbe schiacciato il mezzo, caricato quindi su un Daily con “ragno” alla presenza — secondo la sua versione — di due Abbruzzese e di due soggetti di Spezzano, zona Stazione. Sempre Talarico racconta di aver visto armi (kalashnikov, fucili, pistole) occultate in “bins” alla San Lorenzo Trasporti, attribuite a Pasquale Forastefano: «Non erano armi nuove, erano state usate», gli avrebbe confidato Massa.

I riscontri secondo Dda e Gip

A riscontro, una serie di intercettazioni familiari. L’8 e il 24 dicembre 2020, nelle telefonate tra donne della famiglia Forastefano, fanno riferimento a un Fiorino/furgone visto nei pressi e alla tecnica delle rassicurazioni per abbassare la guardia della vittima. 

Il giudice richiama i parametri dell’articolo 192 del codice di procedura penale, in riferimento alla valutazione della prova: precisione, coerenza e autonomia delle propalazioni, assenza di conflitti o interessi utilitaristici idonei a inficiarne la genuinità, concordanza tra le fonti e riscontri nell’immediatezza (furgone e armi).

La disponibilità temporale degli indagati e i ruoli apicali nelle cosche completano il quadro dei gravi indizi per l’omicidio in concorso, con l’aggravante della premeditazione e della finalità mafiosa, nonché per la detenzione e il porto di armi funzionali al delitto. 

Ora il Riesame

Ieri si sono svolti gli interrogatori di garanzia. Nicola Abbruzzese, alias “Semiasse”, si è professato innocente accusando il pentito Maestri di essere un bugiardo. Ora gli avvocati difensori – i penalisti Rossana Cribari, Roberta Provenzano, Pasquale Di Iacovo e Gianluca Serravalle – preparanno il ricorso al tribunale del Riesame di Catanzaro.