Vittorio Pecoraro ha guidato la Federazione del Pd di Cosenza per tre anni. In linea con il segretario regionale e con quelli delle altre province, ha rassegnato le dimissioni prima del termine. Ha inteso non ricandidarsi strizzando l’occhio alle prossime politiche. Ha seguito – dice – da spettatore l’ultimo congresso bruzio che ha sancito la vittoria di Matteo Lettieri al netto dei ricorsi presentati dallo sfidante Pino Le Fosse. Rivendica un lavoro svolto in condizioni non favorevoli e lancia un paio di messaggi al sindaco di Celico. Non rinuncia, però, a levarsi qualche sassolino dalla scarpa con messaggi (più o meno) sibillini. 

Ha sentito il suo successore, Matteo Lettieri, in queste settimane?
«Sì, ci siamo sentiti più volte per garantire un passaggio ordinato di consegne. Conosco Matteo da tempo: mi fu vicino durante le fasi congressuali del 2021-2022 e fui felice di nominarlo mio vicesegretario provinciale. Si dimise a fine 2023, insieme a Giuseppe Mazzuca, poco dopo la mia autosospensione. È stata una fase complessa, ma non ricordo tensioni personali tra noi».

Fra Lettieri e Le Fosse, chi ha sostenuto?
«Nessuno dei due. Entrambi mi avevano sostenuto nel 2022, e le persone a me vicine erano divise tra le due mozioni. Ho preferito rimanere neutrale, chiedendo a tutti di scegliere in piena libertà. Con entrambi ho mantenuto un buon rapporto».

È stato un congresso come al solito molto caldo...
«Il confronto ha superato i limiti della normale dialettica congressuale, quindi non è che sia soddisfatto pienamente. Avevo auspicato un percorso unitario, ma è prevalsa una logica muscolare. C’è chi ritiene che lo scontro possa ravvivare il partito; io credo che si sarebbe potuto fare di più per provare almeno la strada dell’unità.

Sono tornati anche dirigenti che erano rimasti defilati.
«Se il loro è un ritorno genuino, ben venga. Ma è giusto vigilare su atteggiamenti opportunistici. In molti si erano allontanati quando eravamo all’opposizione, in Regione, in Provincia e a livello nazionale. Alcuni facevano la fila per le foto con il presidente Occhiuto e i suoi assessori leghisti o ex missini. Ora il vento sta cambiando e ci sta che torni un certo entusiasmo per il centrosinistra, ma serve attenzione e rigore morale».

Di Pecoraro ad un certo punto si diceva che fosse ostile agli amministratori del Pd.
«Non è così. I miei due vicesegretari erano sindaci (Lettieri e Nicoletti), e ho collaborato con molti amministratori che mi sono stati vicini come da Giuseppe Mazzuca, Salvatore Monaco, Rosellina Madeo. Credo però che ci sia una differenza di ruoli: i sindaci devono garantire il governo dei territori, anche con un certo pragmatismo; i partiti hanno il compito di offrire una visione e un indirizzo politico. Su un punto sono sempre stato molto chiaro: avrei voluto primarie per la scelta dei nostri candidati sindaci. Ma su questo sono rimasto completamente solo».

Lettieri dice di ripartire dal territorio, si può leggere come una critica alla sua gestione?
«No, è un proposito legittimo, che condivido. Ma bisogna tenere conto della complessità: la nostra è una provincia vastissima, con dinamiche molto stratificate. Io avevo proposto i coordinamenti zonali, che restano una priorità, anche se incontrai alcune resistenze. È giusto che ora si prosegua su quella strada. Bisogna anche ripensare, a livello nazionale, la funzione dei circoli».

La discussione è sull’inversione generazionale rispetto alla sua segreteria. C’è chi dice di sì, chi invece no perché alle spalle di Lettieri ci sono veterani della politica come Iacucci e Bevacqua.
«Io sono stato eletto segretario a 28 anni e avevo con me dirigenti giovanissimi: il mio tesoriere aveva la mia stessa età, Francesco De Luca era responsabile organizzazione a 27 anni, Michele Leonetti responsabile enti locali a 30. Abbiamo anche aperto il circolo all’Unical con i Giovani Democratici. Il rinnovamento generazionale è stata una nostra priorità e sono felice se ha aperto una strada».

Lettieri propone di rilanciare le Feste dell’Unità e le scuole di formazione. Voi eravate fermi su questo?
«Assolutamente no. Abbiamo organizzato iniziative di grande qualità, come quella sull’intelligenza artificiale con il professor Greco dell’Unical, o quella sulla Calabria e i nuovi equilibri geopolitici con il professor Passarelli della Sapienza. Con Sandro Ruotolo abbiamo realizzato una scuola di formazione nel 2024, poi replicata in altre province. E in tre anni abbiamo fatto quasi 60 Feste dell’Unità, alcune anche molto partecipate, come quella di Acri nel 2023. È giusto proseguire su questa traccia».

Lettieri ha parlato anche di pochi tesserati: in dieci anni (dai tempi di Guglielmelli) persi 10mila iscritti.
«Negli ultimi anni il tesseramento si è mantenuto tra i 2000 e i 3500 iscritti. I picchi di 14.000 appartengono a una fase in cui il PD esprimeva il presidente del Consiglio e della Regione. Il calo è stato generalizzato a livello nazionale e regionale, anche a causa delle nuove modalità online, più formali e meno radicate. È giusto lavorare per allargare la base».

Irto non l’ha inserito in segreteria. Si è incrinato il suo rapporto con il segretario regionale?
«Nicola mi ha sempre sostenuto e incoraggiato, anche nei momenti più difficili. È normale che, in alcuni passaggi, ci siano state idee diverse, ma ha sempre rispettato i ruoli. Il suo è un compito complesso e lo comprendo bene».

Vive questa stagione del superamento della sua segreteria con rimpianto o rimorso?
«È un incarico logorante, con molte responsabilità e poche leve reali. Penso che un mandato sia un ciclo sufficiente. È giusto che ci sia una fisiologica alternanza. A Matteo Lettieri auguro il meglio. Che sappia far fruttare il lavoro e i sacrifici fatti per rilanciare un partito difficile, e che non incontri gli stessi limiti interni che ho trovato io. Sono certo che farà benissimo».