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Delitto Luciano Martello, la Dda: «Il tassello mancante è Luigi Berlingieri»

La svolta arriva nel processo "Tela del ragno", dove Franco Bruzzese, Gennaro Bruni e Daniele Lamanna, parlano della presunta partecipazione all'omicidio di 'ndrangheta dell'attuale indagato

Delitto Luciano Martello, la Dda: «Il tassello mancante è Luigi Berlingieri»

Dell’omicidio di Luciano Martello, assassinato nel 2003, dalla cosca “Serpa-Bruni” di Paola, sappiamo tutto. O quasi tutto. L’ultimo tassello mancante? La partecipazione di Luigi Berlingieri, alias “Faccia di Ghiaccio”. È quanto sostiene la Dda di Catanzaro che, nel richiedere la misura cautelare della custodia in carcere per l’indagato, condannato di recente in appello per la strage di via Popilia, ha messo insieme le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia cosentini – Gennaro Bruni, Franco Bruzzese, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti – gli ultimi tre partecipi della cosca “Rango-zingari” di Cosenza, come acclarato nel processo “Nuova famiglia”. A far svoltare il processo “Tela del ragno”, relativamente all’assassinio di Luciano Martello, è stata senza dubbio la dichiarazione di Franco Bruzzese, pentitosi nel 2016, dopo la sentenza di primo grado di “Nuova famiglia”, con la quale Maurizio Rango, per l’omicidio di Luca Bruni, era stato ritenuto colpevole con la pena dell’ergastolo, poi confermata dagli ermellini.

Delitto Luciano Martello, il pentimento (decisivo) di Franco Bruzzese

Bruzzese infatti in quella fase processuale fu sentito dal magistrato Eugenio Facciolla, prima in una località protetta e successivamente in aula, con la presenza massiccia delle forze dell’ordine, a tutela della sua incolumità personale. Un evento che è oggetto anche del processo disciplinare contro l’ex procuratore capo di Castrovillari, ma per altre circostanze.

Il pentito Franco Bruzzese, quindi, fornisce un contributo notevole per giungere alla condanna degli imputati, e in particolare del fratello Giovanni Abruzzese, ritenuto all’epoca dei fatti, il capo degli “zingari” di Cosenza. Davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, lo accuserà insieme ad altre persone, facendo il nome proprio di Luigi Berlingieri. A distanza di quasi sei anni dal processo di primo grado, e con un giudizio di colpevolezza ormai definitivo, l’ufficio inquirente antimafia, coordinato dal procuratore capo Nicola Gratteri, ha rimesso insieme i pezzi del mosaico, aggiungendo – dal loro punto di vista – l’ultimo elemento investigativo decisivo ai fini della verità processuale.

Delitto Luciano Martello, le accuse dei collaboratori di giustizia cosentini contro Luigi Berlingieri

Prima di entrare nel merito della gravità indiziaria, il gip Antonella De Simone ha evidenziato i principi di legittimità, richiamando numerose sentenze della Cassazione, circa l’utilizzabilità dei provvedimenti in cui emergono profili di responsabilità penale circa la partecipazione al delitto di uno o più non imputati nei procedimenti precedentemente trattati.

Così, dalle carte della nuova inchiesta sull’omicidio di Luciano Martello, si rileva come la figura di Luigi Berlingieri sia da inquadrare come «il membro ancora mancante del commando che ha freddato a colpi d’arma da fuoco l’esponente di spicco della consorteria avversa». Nel ripescare le vecchie propalazioni dei pentiti, il giudice cautelare di primo grado sottolinea che «Bruni ha parlato di un autista di etnia rom di corporatura robusta, taciturno, soprannominato “Angioletto”».

Mentre Daniele Lamanna, esecutore materiale del delitto di Luca Bruni, «ha individualizzato maggiormente la chiamata del reo, attribuendo l’identità di Luigi Berlingieri al guidatore della squadriglia e svelando che era solito adottare vari pseudonimi a seconda dai casi, quali cinese, coreano o giapponese, dovuti al taglio orientale degli occhi, e che si trattava di uno “zingaro”».

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Bruzzese, come detto, ha chiuso il cerchio, «riconoscendo in foto l’indagato e fornendo nuovi e inequivocabili elementi individualizzanti e mettendo in connessione le deposizioni degli altri due dichiaranti: l’autista risponde al nome di Luigi Berlingieri, del gruppo mafioso degli “zingari” di Cosenza, aduso a cambiare frequentemente “alias” al fine di rendersi più difficilmente identificabile e soprannominato, secondo i casi, giapponese, faccia di ghiaccio, faccia d’angelo o angioletto (nomignolo, quest’ultimo, appositamente adottato per l’omicidio Martello), specializzato in rapine ai furgoni blindati e azioni di fuoco».

A ciò si aggiungono le parole di Francesco Bevilacqua, meglio conosciuto come “Franchino ‘i Mafarda”, e Luciano Impieri, che seppur non abbiano riferito sugli eventi di sangue avvenuti tra Paola e Fuscaldo nel 2003, «certamente conoscono l’odierno indagato e contribuiscono in modo decisivo a riscontrarne l’identificazione».

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