mercoledì,Maggio 14 2025

“Reset”, a Cosenza vige «un equilibrio perfetto tra italiani e “zingari”»

Le rivelazione del pentito Ivan Barone: «Conduciamo i nostri affari illeciti, relativi sia al traffico di stupefacenti che alle attività estorsive ed usuraie, in cooperazione»

“Reset”, a Cosenza vige «un equilibrio perfetto tra italiani e “zingari”»

L’avvio dell’udienza preliminare di “Reset“, porta l’inchiesta della Dda di Catanzaro in un’altra dimensione processuale. Se prima era il tempo dell’attesa, oggi la pubblica accusa può giocarsi le sue carte mentre le difese valuteranno attentamente quale strada scegliere: abbreviato o ordinario? Questo lo vedremo nei prossimi giorni. Molto dipenderà, ovviamente, dalle dichiarazioni del neo pentito Roberto Porcaro, il boss di Cosenza che da qualche mese collabora con l’ufficio di procura coordinato dal procuratore Nicola Gratteri. Saranno depositate prossimamente o la Dda di Catanzaro chiederà che venga sottoposto ad esame nel corso di un eventuale rito abbreviato? Lo scopriremo presto.

Cosenza, cosche confederate per aumentare il prestigio criminale

Dell’inchiesta “Reset” in questi mesi se n’è parlato tanto. La nostra testata ha approfondito tanti temi investigativi, riportando soprattutto le dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia, compreso Danilo Turboli, pentitosi di essersi pentito, come raccontato in un altro servizio. Di “Reset” sappiamo tante cose, tipo che le cosche di ‘ndrangheta si sarebbero confederate per aumentare il prestigio criminale agli occhi della ‘ndrangheta di serie A. Parliamo dei clan reggini, vibonesi e crotonesi. Ciò che non conosciamo oggi in “Reset” è se realmente la confederazione mafiosa capeggiata da Francesco Patitucci abbia costituto o meno un “Locale” a Cosenza. C’è una traccia in “Gentlemen 2“, di cui parleremo in un altro momento. Ma nel corso delle indagini, quando di “Reset” non si sapeva praticamente nulla, com’erano i rapporti tra gli italiani e gli “zingari“? Ce lo spiega il pentito Ivan Barone.

Cosenza, il pentito Barone e l’equilibrio mafioso

«In merito ai rapporti esistenti tra il gruppo degli italiani e il gruppo degli zingari voglio precisare, ricollegandomi a quanto già detto, che attualmente c’è un equilibrio per effetto del quale conduciamo i nostri affari illeciti, relativi sia al traffico di stupefacenti che alle attività estorsive ed usuraie, in cooperazione. Tuttavia, voglio chiarire alcuni aspetti relativi all’organizzazione interna del nostro gruppo cosiddetti degli “zingari“. In particolare, voglio precisare che prima dell’operazione “Testa di Serpente” quando la gestione del gruppo era affidata ai cognati Luigi Abbruzzese ed Antonio Abruzzese, questi ultimi avevano un rapporto privilegiato con Roberto Porcaro».

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«Dopo il loro arresto, invece, avvenuto nel dicembre 2019, è subentrato nella gestione Gianluca Maestri con il quale io avevo un rapporto di stretta fiducia, collaborandovi costantemente. Il gruppo, in quel periodo, ha subito una riorganizzazione interna del nostro gruppo, voglio precisare che quando lo stesso era gestito da Luigi e dal cognato Antonio Abbruzzese questi ultimi curavano prevalentemente i loro interessi». Secondo Barone i primi due non si interessavano alle «necessità degli altri componenti del gruppo. Per questa ragione, quando siamo subentrati io e Gianluca Maestri nella gestione abbiamo iniziato anche noi a pensare di più ai nostri interessi». Infine, il pentito ritiene che nel gruppo degli italiani esista «una maggiore unione in quanto nella divisione dei proventi delle attività illeciti, i conti venivano fatti con precisione».

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