Il 41 bis a Marco Abbruzzese: «Può veicolare messaggi all’esterno»
Il ministero della Giustizia, dopo le richieste di Dda e Dna, spiega quali sono i motivi che hanno portato Carlo Nordio a firmare il decreto che dispone il regime di carcere duro per il presunto appartenente alla cosca degli "zingari" di Cosenza
C’è stata una forte sinergia tra la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, e la Direzione Nazionale Antimafia, diretta dal procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, nel richiedere ed ottenere il 41 bis per quattro dei 245 imputati del procedimento penale “Reset“, la maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina operante tra Cosenza, Rende e Roggiano Gravina.
Veicolare messaggi all’esterno
Il carcere duro nei confronti dei detenuti accusati di mafia o terrorismo viene disposto quando che gli stessi possono veicolare messaggi (o ordini) all’esterno, coordinando dal punto di vista criminale le attività illecite del presunto sodalizio di appartenenza. Questa è la ragione per la quale il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ritenute valide le osservazioni esposte dai magistrati antimafia di Catanzaro, ha firmato il decreto che dispone il regime di carcere duro per Marco Abbruzzese, uno dei 245 imputati di “Reset“, ritenuto uno dei presunti capi dell’associazione mafiosa degli “zingari” di Cosenza.
Nel provvedimento firmato dal Guardasigilli, eletto in Parlamento con Fratelli d’Italia, si fa riferimento anche agli altri tre detenuti passati da meno di una settimana al 41 bis: Francesco Patitucci, Luigi Abbruzzese e Adolfo D’Ambrosio. Nella ricostruzione tuttavia vengono menzionati anche Michele Di Puppo, Tonino Presta, Antonio Abruzzese, figlio di Giovanni (alias il “Cinese”) e Mario “Renato” Piromallo, tutti ritenuti partecipi con ruoli importanti della presunta confederazione mafiosa cosentina che spadroneggia nell’area urbana di Cosenza, quindi anche Rende, e nel territorio della Valle dell’Esaro, grazie all’appoggio del presunto clan “Presta” di Roggiano Gravina.
Marco Abbruzzese al 41 bis: le motivazioni
Per la Dda di Catanzaro, «Marco Abbruzzese ad oggi è un soggetto di primissimo piano e di grande spessore criminale in seno all’ampia associazione di ‘ndrangheta operante, a far data dal 2012 e fino all’attualità, nella città di Cosenza e nel suo immediato hinterland, nella forma di una vista confederazione tra gruppi». Uno dei motivi che hanno orientato la Dda a chiedere il 41 bis per il ragazzo esponente della famiglia “Banana“, è quello relativo alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. Propalazioni che hanno arricchito il quadro indiziario, non ultimo (evidentemente) quelle riferite di recente dal neo pentito di ‘ndrangheta Roberto Porcaro, già “reggente” del clan “Lanzino-Patitucci” di Cosenza. Tra i pentiti di “livello”, spicca per i magistrati antimafia la figura di Ivan Barone, ex affiliato alla presunta cosca degli “zingari” di Cosenza, che ha deciso di “saltare il fosso” qualche giorno dopo il blitz antimafia scattato all’alba del 1 settembre 2022.
«Alla luce dell’ampia compagine associativa, sia in relazione al cospicuo numero di soggetti che vi aderiscono sia in riferimento alla diffusa ingerenza in ogni settore della vita socio-economica, si ritiene che l’ordinario stato di detenzione cautelare non sia di per sé sufficiente a contenere l’accesso da parte del detenuto ad una rete di relazioni che gli consenta di veicolare ordini e messaggi all’esterno, quindi continuare a promuovere e dirigente l’associazione di ‘ndrangheta» scrive il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Marco Abbruzzese dunque avrà una riduzione dei colloqui con i familiari, come prevede l’ordinamento penitenziario.