lunedì,Ottobre 14 2024

Reset, il Riesame scarcera Fiore Abbruzzese: cade l’associazione mafiosa

Il percorso cautelare sorride all'imputato che attraverso le tesi esposte dai suoi difensori ottiene l'immediata liberazione per questo procedimento. Ma rimane in carcere per altro

Reset, il Riesame scarcera Fiore Abbruzzese: cade l’associazione mafiosa

Cade l’accusa di associazione mafiosa per Fiore Abbruzzese detto “Nino”. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Catanzaro, nuova composizione, presieduto dal presidente Mariarosaria Migliarino (giudice relatore Barbara Elia, a latere Rita Bosco). Il provvedimento che dispone l’immediata liberazione dell’imputato è arrivato dopo l’annullamento con rinvio della sesta sezione penale della Cassazione, secondo cui la motivazione che reggeva l’ordinanza cautelare, relativamente alla partecipazione di Fiore Abbruzzese alla cosca degli “zingari” di Cosenza, era carente e illogica.

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Fiore Abbruzzese infatti si trova in carcere da tanti anni ma per la Dda di Catanzaro sarebbe uno dei presunti associati al clan “rom”, confederato con le altre cosche cosentine, quelle operanti a Cosenza, Rende e Roggiano Gravina. Un teorema accusatorio che, dal punto di vista cautelare, non ha retto al punto che il Riesame ha accolto le tesi difensive esposte dagli avvocati Francesco Boccia e Mariarosa Bugliari (studio Bugliari-Tomeo). Fiore Abbruzzese nell’ambito del procedimento “Reset” non sarà sottoposto a misure cautelari, ma rimane in carcere per altri reati commessi negli anni passati.

“Reset”, le motivazioni della Cassazione su Fiore Abbruzzese

La sesta sezione penale, rimandando gli atti al Riesame di Catanzaro, sottolineava che «le dichiarazioni riportate dal Tribunale del riesame non risultano particolarmente specifiche, soprattutto nella misura in cui non collocano la partecipazione dell’indagato in un preciso momento storico e neppure ne delineano
compiutamente il ruolo svolto. In definitiva, la motivazione su cui si fonda l’impugnata ordinanza consiste in una mera elencazione di elementi indiziari, dei quali non si compie un adeguato vaglio critico, tenendo conto di quelle che erano state le deduzioni difensive proposte con il riesame».

«Né può ritenersi che la motivazione sia ugualmente adeguata in considerazione della “autosufficienza” delle dichiarazioni, proprio perché i collaboranti hanno riferito di episodi singoli, senza collocarli in un contesto associativo più ampio e non fornendo un quadro indiziario sulla cui base affermare se Abbruzzese sia o meno partecipe dell’associazione».

Inoltre, scrivevano gli ermellini, «lo scarno quadro probatorio, peraltro, non può neppure ritenersi sulla base delle sole intercettazioni dalle quali emergerebbe che Abbruzzese avrebbe ricevuto somme di denaro, provento di estorsioni commesse dal sodalizio criminale. Anche tale dato, invero, non ha valenza univoca e richiede un necessario approfondimento, non avendo il tribunale del riesame chiarito se ed in che misura Abbruzzese avesse effettivamente ricevuto somme di denaro in carcere messe a disposizione dall’associazione. L’ordinanza si limita a parafrasare l’intercettazione, non esaminando i motivi di doglianza sollevati dal ricorrente in ordine all’interpretazione del contenuto».

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