Droga a Cosenza, il “metodo Micetto” per stanare gli spacciatori infedeli
A Celestino Abbruzzese spettava il compito di reprimere il fenomeno delle vendite non autorizzate dal Sistema, il racconto di sua moglie Anna Palmieri
L’organizzazione degli spacciatori cosentini contemplava al proprio interno una sorta di ceka, un gruppo incaricato di individuare chiunque osasse acquistare droga fuori dal “Sistema”. È il cosiddetto sottobanco, autentico spauracchio per boss e narcotrafficanti che, non a caso, si mostravano implacabili con chiunque fosse beccato a praticarlo. A interpretare questo ruolo investigativo, era il gruppo di piazza Valdesi, quello diretto da Celestino Abbruzzese alias “Micetto” e da sua moglie Anna Palmieri. È stata proprio quest’ultima a raccontare fatti e aneddoti connessi alla caccia ai sottobanchisti, con diversi retroscena inediti.
Quel compito, sostiene fosse stato assegnato loro dai fratelli di suo marito, i cosiddetti “Banana”. «Loro non si scomodavano. Eravamo noi a doverci scervellare, anche perché conoscevamo tutti i capi piazza». Le violazioni delle regole erano più che ricorrenti e stanare gli spacciatori infedeli non era così semplice, «perché la droga la compravano lo stesso dal Sistema, ma poi la prendevano pure altrove. La mischiavano e guadagnavano il triplo».
Parliamo di eroina, che sul mercato ufficiale, ai tempi della loro diarchia, era venduta a 40 euro al pezzo. Quella messa in circolo dagli zingari di Cosenza, però, non era di qualità eccelsa. Da Napoli, poteva arrivarne una molto più buona. «E allora succede che, tra i tossici, la voce circola: “Oh, la vai a pagare 40 euro là che è una fetenzia? Vieni che te la faccio prendere io a 30”. E noi lo vedevamo, perché la roba di Napoli non è come la schifezza che c’è qua. Quindi il calo lo senti. Lo senti nel centro storico, lo senti a viale della Repubblica».
È il primo campanello d’allarme: clienti assidui che si fanno desaparecidos, le vendite che diminuiscono e uno più uno che fa due: qualcuno, in città, sta facendo il sottobanco. Per risolvere il problema, suo marito Celestino aveva individuato un rimedio universale. Una tecnica semplice ma efficace. Si metteva in cerca di un consumatore, uno di quelli che marcava visita da più tempo, e dopo averlo trovato lo affrontava così: «Ohi, sono tre giorni che non ti vedo».
Secondo Anna Palmieri, rispondevano tutti allo stesso modo: «Un mi minà, un mi minà, ti dicu addua a pigliu». Il pm Giuseppe Cozzolino si mostra incuriosito: «Ah, è così che fanno?». La pentita conferma e rilancia: «Sì, se la cantano subito». Il metodo Celestino prevedeva una ricompensa per il delatore – «Passa da Giuvanni, digli che ti ho mandato io e fatti dare un pezzo» – e immediatamente dopo cominciava la caccia al sottobanchista. Questa, però, è un’altra storia, che sempre Anna Palmieri racconta.