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‘Ndrangheta a Cosenza, i soldi in tasca di Porcaro e le carezze a Piromallo

Non solo la pace con Patitucci, le dichiarazioni spontanee fatte a "Reset" sanciscono la tregua anche con l'ex rivale interno dopo gli screzi del passato

‘Ndrangheta a Cosenza, i soldi in tasca di Porcaro e le carezze a Piromallo

«I soldi li ho sempre messi nel posto che ritenevo il più sicuro del mondo: la mia tasca». Comincia così, con questa rivendicazione, storica e patrimoniale, il lungo argomentare di Roberto Porcaro sulla scena di “Reset”. L’udienza del 7 ottobre, infatti, è stata anche quella delle sue dichiarazioni spontanee. Un giorno per lui tanto atteso – «Finalmente è giunta l’ora di poter parlare» – e che si è dispiegato nel segno di una continuità.   

Il controprocesso alla “bacinella”

C’è un processo nel processo, infatti, che si sta celebrando nell’aula bunker di Lamezia e che, per certi versi, determina un’inversione di ruoli, con gli imputati che mettono alla sbarra la “bacinella”, la cassa comune del gruppo confederato, a cui muovono un’accusa gravissima: quella di non esistere. Semplicemente perché, dicono loro, non esiste alcuna confederazione. Un concetto ripreso dallo stesso Porcaro: «Ho cercato a guadagnarmi qualche carta di cento euro» è il modo con cui ha inteso inquadrare la propria attività. «Ho fatto l’illecito – ha ammesso – non è che dico no, però voglio pagare quello che ho fatto, non quello che non ho fatto: confederazione, gruppi, non gruppi. Nessuna confederazione! Io li ho presi per me i soldi, come gli altri li hanno presi per loro».

Ladri di polli

Nessuna confederazione, ma anche sull’esistenza dei sottogruppi, Porcaro si è espresso in termini negativi. In particolare sul suo: «Questo gruppo Porcaro che dicono a destra e sinistra, non è mai esistito e mai esisterà» ha affermato rivolgendosi ai giudici. «L’unica persona che è stata arrestata per associazione mafiosa di questo presunto gruppo sono io e sono stato pure assolto. Gli altri partecipanti, o sono persone incensurate o – non me ne vogliano che mi sentono – pregiudicati e arrestati per furti di polli. Per furti di polli. E io mi dovevo mettere vicino persone che mai hanno commesso reati in ambiti di associazione mafiosa, quello e quell’altro?».

Pentito per dispetto

Il discorso non poteva non scivolare poi sulla sua collaborazione con la giustizia, parentesi controversa aperta all’improvviso nel 2023 e chiusa dopo pochi mesi con una ritrattazione repentina. «Mi prendo tutta la responsabilità delle bugie che ho detto» ha precisato Porcaro, attribuendo la causa del suo sbandamento «alla pressione di tutti i mandati di cattura che mi stavano arrivando addosso». Non soltanto a quelli, però. A indispettirlo era stata anche la lettura di certe intercettazioni: «Purtroppo – ha dichiarato – le intercettazioni le ho lette tutte. Io non parlo mai male di nessuno, quando avevo qualcosa con qualcuno andavo e glielo dicevo in faccia. Invece, poi, quando mi sono arrivate le ordinanze, mi sono reso conto che chiacchiere su di me ne sono state fatte assai. Non assai, di più».

L’amico Patitucci

Uno sfogo che ha introdotto il tema più caldo del suo comizio in aula: i rapporti con Francesco Patitucci, il suo mentore criminale. «Gli voglio bene» ha messo subito le mani avanti Porcaro, «era ed è un amico» ha aggiunto, salvo poi riconoscere di essersi sentito ferito dalla lettura dei dialoghi tra l’amico e la sua ex moglie Silvia Guido.  «La madre dei miei figli andava da lui, estenuata magari dal mio comportamento che ci eravamo separati. E andava là a piangere, ci metteva cose, ce ne aggiungeva, era una donna disperata, per amor di Dio, gli errori io li ho fatti, non è che posso dire no. Ma quello che si lui ritrova Patitucci nel 2019 io me lo sono ritrovato nel 2015, quando l’hanno arrestato a Francesco e la moglie, l’allora moglie Rosanna Garofalo, mi è venuta a trovare a casa, a me, nella stessa condizione come Guido Silvia: disperata. Disperata. “Francesco ha fatto questo”. La prima volta l’ho fatta parlare, ma la seconda volta che ha riprovato a ripropormi l’argomento, sono stato categorico. Le ho detto: “Se devi venire qua per parlarmi male di Francesco, che è una persona che voglio bene, non ci venire più”. Ecco, avrei preferito che Francesco avesse tagliato subito il discorso, invece purtroppo ci sono intercettazioni e cose antipatiche».

Pace fatta anche con Piromallo

I suoi rapporti turbolenti con Mario “Renato” Piromallo sono uno dei temi più scottanti di “Reset”: incomprensioni reciproche, gelosie e dispetti incrociati che, secondo la Dda, hanno messo più volte a repentaglio l’unità della confederazione criminale. In tal senso, l’acme della tensione tra i due si verifica in occasione dello scontro tra i rispettivi fruttivendoli “di fiducia”, Morrone e Maione. Quando Piromallo, amico di quest’ultimo, va a picchiare Morrone, Porcaro, spalleggiato dagli Abbruzzese, ripaga l’altro commerciante con la stessa moneta. Una situazione più bollente, insomma, stemperata di recente in aula dallo stesso Piromallo. «Con Roberto ci vogliamo bene» aveva detto Renato. E la replica dell’ex rivale si è inserita nello stesso solco, quello della pace. «Quando è successo il fatto di Morrone e Maione e ho saputo che Piromallo era andato là, ci sono rimasto male. Per questo e sono andato e gli ho tirato gli schiaffi. Ma solo per quello, se no io non mi sarei mai permesso ad andare a picchiare un amico di Piromallo. Ero rimasto male solo per questo».

Questioni personali

Una cosa, però, per lui è certa: che si tratti dell’ex moglie o delle sue frizioni con Piromallo, «si parla di questioni personali e non di affari di ‘ndrangheta». Stando ai suoi calcoli, su mille pagine di faldone che lo riguardano, «novecento sono per fattori personali, per relazioni extraconiugali che avevo. E queste pagine potevano essere stralciate e forse lo potevo fare a “Forum” il processo. Non per essere simpatico: a Rete 4 lo potevo fare il processo».

Processo abbreviato “Reset”, le richieste della Dda

  • Antonio Abbruzzese (classe 1975), difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Cesare Badolato CHIESTI 7 anni e 6 mesi
  • Antonio Abruzzese alias Strusciatappine, difeso dall’avvocato Mariarosa Bugliari CHIESTI 14 anni
  • Antonio Abbruzzese (classe 1984) difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante) CHIESTI 20 anni
  • Celestino Abbruzzese, difeso dall’avvocato Simona Celebre CHIESTI 6 anni
  • Fioravante Abbruzzese, difeso dall’avvocato Cesare Badolato CHIESTI 14 anni
  • Francesco Abbruzzese, difeso dall’avvocato Antonio Quintieri CHIESTI 12 anni
  • Luigi Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Marco Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Nicola Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Rocco Abbruzzese, difeso dall’avvocato Mariarosa Bugliari CHIESTI 12 anni
  • Saverio Abbruzzese, difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Matteo Cristiani CHIESTI 10 anni e 8 mesi
  • Gianluca Alimena, difeso dall’avvocato Emiliano Iaquinta CHIESTI 2 anni
  • Claudio Alushi, difeso dall’avvocato Angelo Nicotera CHIESTI 18 anni
  • Salvatore Ariello, difeso dall’avvocato Fiorella Bozzarello CHIESTI 20 anni
  • Luigi Avolio, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Raffaele Brescia CHIESTI 10 anni e 8 mesi
  • Ivan Barone, difeso dall’avvocato Rosa Pandalone CHIESTI 8 anni
  • Giuseppe Belmonte, difeso dagli avvocati Filippo Cinnante e Gaetano Maria Bernaudo CHIESTI 8 anni e 2 mesi (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati del processo abbreviato di “Reset”)

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