martedì,Dicembre 3 2024

Ivan Barone al processo Reset: «Il 31 agosto 2022 feci un’estorsione con Di Puppo»

Giornata tesa e movimentata nell'aula bunker di Castrovillari dove non sono mancati i momenti di tensione tra magistratura e avvocatura. Sentito il collaboratore di giustizia. Ecco cosa ha dichiarato

Ivan Barone al processo Reset: «Il 31 agosto 2022 feci un’estorsione con Di Puppo»

L’ultima udienza del processo Reset, celebrata nell’aula bunker di Castrovillari, ha messo in luce non solo la complessità delle accuse contro la ‘ndrangheta di Cosenza, ma anche le difficoltà logistiche e le tensioni tra magistratura e avvocatura. Un clima teso, alimentato fin dalle prime ore della mattina, ha caratterizzato la giornata nell’imponente ma problematica struttura scelta dalla Corte d’Appello di Catanzaro per ospitare il procedimento.

Il contesto dell’udienza

Presieduta dal presidente Carmen Ciarcia, l’udienza è iniziata con l’appello degli imputati in diverse condizioni cautelari: detenuti, agli arresti domiciliari, con misure meno restrittive e senza alcuna misura. Subito dopo, ha preso la parola il presidente della Camera Penale di Cosenza, Roberto Le Pera, che ha letto un comunicato degli avvocati cosentini in cui si ribadivano le difficoltà dei difensori legate alla sede del processo.

Nonostante i toni accesi, il collegio giudicante ha respinto i legittimi impedimenti sollevati dai difensori, decidendo di proseguire con l’istruttoria dibattimentale. Tuttavia, l’udienza è stata sospesa temporaneamente per permettere all’avvocato Valentina Bellusci, nominata d’ufficio, di esaminare i verbali del collaboratore di giustizia Ivan Barone, mentre la Camera Penale si è attivata per risolvere l’impasse convocando una riunione straordinaria online.

L’esame del collaboratore e l’arrivo degli avvocati

Con l’inizio dell’esame testimoniale di Ivan Barone, diversi avvocati sono arrivati a Castrovillari dopo la rapida convocazione assembleare via internet della Camera Penale, ma non tutti hanno potuto prendere la parola. Solo il presidente Le Pera ha ottenuto un breve intervento, mentre altri sono stati bloccati dal presidente Ciarcia.

La giornata ha visto l’emergere di un elemento chiave che potrebbe influenzare il futuro del processo: una nota ufficiale della presidente della Corte d’Assise di Cosenza, Paola Lucente. Nel documento, la magistrata ha confermato la funzionalità delle aule disponibili a Cosenza (in particolare le aule 1, 9 e 16) e ha richiesto alla Corte d’Appello di Catanzaro di adeguarle per evitare trasferte dispendiose.

Dibattito sulla sede del processo

La nota della presidente Lucente riapre il dibattito sulla sede naturale del processo. La celebrazione del maxi-processo a Castrovillari, anziché a Cosenza, ha sollevato critiche sia per le difficoltà logistiche sia per i costi elevati. È evidente che anche all’interno della magistratura ci siano opinioni contrastanti.

Un precedente significativo è rappresentato dal processo antimafia “Missing“, che si tenne a Cosenza nell’aula della Corte d’Assise senza collegamenti da remoto e con imputati di alto calibro presenti in aula. Nonostante le condizioni di sicurezza richieste, l’aula si dimostrò idonea, mentre ora non si comprende il motivo di spostare il processo Reset in una sede diversa.

Le problematiche dell’aula bunker di Castrovillari

L’aula bunker di Castrovillari, pur definita una struttura “eccezionale”, presenta alcune criticità che potrebbero essere risolte con il ritorno a Cosenza. Tra queste, la mancanza di sedie per gli imputati accanto ai loro difensori e difficoltà tecniche legate all’uso di microfoni e telefoni, simili a quelle riscontrate nel tribunale cosentino. Inoltre, le condizioni ambientali si sono rivelate proibitive: la temperatura è già gelida a novembre, figuriamoci tra dicembre e febbraio.

Lamezia Terme out per mesi

L’ipotesi di tornare a Lamezia Terme, dove in passato si sono celebrati altri processi, è esclusa per via dei gravi danni subiti dall’aula giudiziaria locale a seguito dell’esondazione di un torrente. I lavori di ripristino richiederanno mesi.

Alla luce di quanto emerso, si auspica un dialogo più costruttivo tra magistratura e avvocatura per garantire il regolare svolgimento del processo e il rispetto delle esigenze difensive. Il trasferimento del procedimento a Cosenza potrebbe rappresentare una soluzione praticabile, capace di soddisfare entrambe le parti e di ridurre i costi e le difficoltà logistiche.

Processo Reset, l’esame di Ivan Barone

Entrando nel merito dell’udienza, le rivelazioni di Ivan Barone, collaboratore di giustizia, hanno rotto il silenzio sui presunti meccanismi criminali dell’organizzazione mafiosa cosentina. Le sue dichiarazioni hanno dipinto un quadro inquietante delle dinamiche di potere, delle attività illecite e dei rapporti tra i gruppi, o meglio clan, dell’area urbana. Il pentito ha fatto i nomi di Piromallo, Scanga, Chirillo, Patitucci, Falbo e tanti altri.

Un’organizzazione capillare e ben strutturata

Ivan Barone ha descritto come la ‘ndrangheta di Cosenza sia stata suddivisa in gruppi con ruoli precisi, dalla gestione del traffico di droga alle estorsioni, passando per il sostegno economico ai detenuti e alle loro famiglie. Un elemento centrale è la cosiddetta “cassa comune“, meglio nota come “bacinella”, un fondo alimentato dai proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti, utilizzato per mantenere il sistema criminale operativo.

Le attività sarebbero state capillari e avrebbero coinvolto diverse figure, alcune delle quali strettamente legate alla criminalità organizzata. Barone ha sottolineato il ruolo di Nicola Abbruzzese, alias Semiasse, nel traffico di eroina a Cassano, mentre altri membri gestivano la distribuzione di cocaina, specie gli italiani.

Il sistema delle estorsioni

Uno degli aspetti più rilevanti riguarda le estorsioni. Barone ha ricordato la divisione delle estorsioni in ambiti specifici, come quella soprannominata “Fiera di San Giuseppe“, i cui proventi erano suddivisi in tre parti. Le vittime venivano scelte tra commercianti e imprenditori locali, con richieste che potevano arrivare a decine di migliaia di euro. Un esempio è l’ultima estorsione condotta da Barone, il 31 agosto 2022, ai danni di un tatuatore a Rende, in collaborazione con un altro affiliato. «La facemmo di comune accordo con Di Puppo». All’alba, però, scattò il blitz Reset.

La rete del traffico di droga

Secondo il collaboratore, il traffico di droga era altrettanto strutturato, con divisioni precise: gli italiani si occupavano prevalentemente di cocaina, mentre altre etnie gestivano l’eroina. Barone ha ammesso di aver acquistato cocaina da Porcaro e di aver partecipato a operazioni di approvvigionamento di armi con Marco Abbruzzese, collegando strettamente queste attività al traffico di stupefacenti. Armi, comprate a Reggio Calabria, che sarebbero state poi nascosto nel “covo” di via Popilia, oggetto del procedimento penale “Testa di Serpente“.

Le relazioni interne e i contrasti

Le dichiarazioni di Barone hanno illuminato anche le relazioni tra i membri del clan, spesso caratterizzate da legami personali e tensioni. Un episodio emblematico riguarda Antonio Taranto, descritto come un fratello da Barone, la cui morte ha causato problemi interni, poi risolti durante un chiarimento avvenuto a casa di Cosimo Bevilacqua. Fu stipulata una “pax” durante un “summit di mafia“, già emerso nel secondo processo d’appello contro Domenico Mignolo, poi assolto dall’accusa di omicidio.

Nonostante la sua vicinanza al gruppo, Ivan Barone ha affermato di non aver mai ricevuto doti ufficiali di ‘ndrangheta, differenziandosi da membri come Marco Abbruzzese, Ettore Sottile e Cosimo Bevilacqua, i quali invece detenevano ruoli di maggiore peso nell’organizzazione. Ad esempio, «neanche Luigi Abbruzzese che io sappia ha doti di ‘ndrangheta», eppure i clan di Cosenza decisero di dargli l’incarico di “reggente” della cosca degli “zingari”, per sostituire il “Corvo“. «Parteciparono anche gli italiani in questa circostanza» ha ricordato Barone.

Una lista di nomi

Il pm Corrado Cubellotti ha elencato a Barone una serie di individui coinvolti a vario titolo nelle attività criminali, tra cui Carlo Lamanna, Luigi Bevilacqua, Alessandro Catanzaro, Adolfo e Massimo D’Ambrosio, Sergio Del Popolo e Rosanna Garofalo e tanti altri come Ivan Trinni («che non è affiliato al clan degli “zingari”»). Ha inoltre menzionato Francesco Casella, definito vicino agli “italiani” e sospettato di favorire le loro attività, pur senza conferme sul suo diretto coinvolgimento nelle estorsioni. «So che aveva un’amicizia stretta con Mario Gatto», si è limitato a dire Barone.

Il rapporto con Gianluca Maestri

Barone, oltre a parlare di reati contestati dalla Dda di Catanzaro nel processo “Athena“, vedi la testa di maiale contro un imprenditore di Montalto Uffugo, ha descritto il suo rapporto con Gianluca Maestri, oggi collaboratore di giustizia. «Lui nel 2019 si occupava di estorsioni e droga, faceva come me, mandando avanti la baracca. Maestri aveva rapporti con tutti». Infine, l’altro pentito Celestino Abbruzzese, alias “Micetto“, «spacciava droga a Cosenza Vecchia ma nell’ultimo periodo non era in buoni rapporti con i fratelli»).

Il controesame

I difensori avevano chiesto di rinviare l’udienza per il controesame ma il presidente Ciarcia non ha accolto questa istanza. Così l’avvocato Amelia Ferrari ha iniziato a porre le domande al pentito Ivan Barone, concentrandosi su Adolfo D’Ambrosio e il fratello Massimo, «con cui non ho parlato di persona». Poi è stata la volta dell’avvocato Fiorella Bozzarello che ha citato una serie di personaggi che nel periodo di attività della XXL di Giuseppe Caputo lavoravano nello stesso settore della security. Aggiungendo che Illuminato era stato preso di mira da Porcaro e Luigi Abbruzzese. Sempre l’avvocato Bozzarello ha ricordato al testimone che 25 anni fa ferì Carmine Caputo che «a causa di una discussione con mio fratello».

L’avvocato Gianpiero Calabrese, dopo aver introdotto l’argomento Gianfranco Ruà «che conobbi all’età di 16 anni e seppi del ruolo di capo società negli anni passati, all’incirca dal 2000 in poi», ha chiesto informazioni su Giovanni Aloise «che spacciava», nel periodo prima di Job Center, ha rimarcato il difensore, e su Nicola Bevilacqua, figlio di “Mano Mozza“. «Era vicino al clan, non affiliato. Prendeva la droga anche da noi come il padre, ma entrambi non erano associati diciamo che il padre faceva finta di allontanarsi ma alla fine sapeva tutto ciò che accadeva», mentre «Danilo, il fratello di Nicola, era affiliato con la prima dote di ‘ndrangheta».

Gli altri interventi hanno riguardato l’avvocato Giuseppe Malvasi per Alessandro Morrone («aveva un negozio di ortofrutta in via Popilia ed era amico di Porcaro, il quale lo teneva sotto “strozzo”»), l’avvocato Chiara Penna per Antonio Colasuonno («lo conosco da oltre 10 anni, si occupava di batterie esauste in società con i Banana. Era vittima di usura, forse a causa di un prestito fatto da Marco Abbruzzese»), e l’avvocato Antonio Quintieri («Franco a Brezza? Sì, il cantante. Si spaventava a fare alcune cose e lo utilizzano da “palo” quando entravano nel “buco” in via Popilia»). Ultima parte dell’udienza dedicata al Riesame del pm. Giovedì prossimo toccherà al collaboratore di giustizia Francesco Greco.

Processo Reset, rito ordinario: gli imputati

  • Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
  • Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
  • Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Antonio Quintieri)
  • Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
  • Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
  • Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
  • Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
  • Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
  • Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
  • Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
  • Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
  • Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
  • Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)

Articoli correlati