martedì,Gennaio 14 2025

C’è chi dice NO

Sonora sconfitta per il centrodestra e il Pd. Politica sempre più distante dai cittadini che di contro non si recano alle urne. Un dato che deve far riflettere

C’è chi dice NO

Nelle note immortali di Vasco Rossi, “C’è chi dice NO” è un inno alla ribellione, alla scelta controcorrente, alla fermezza di chi non si piega a un destino imposto. E forse mai come oggi, quelle parole riecheggiano nella scelta delle comunità di Cosenza, Rende e Castrolibero, che hanno espresso un secco rifiuto alla proposta di fusione in un’unica città metropolitana. Il referendum, atteso come uno snodo cruciale per il futuro amministrativo e sociale dell’area urbana, si è concluso con un chiaro NO, soprattutto dai cittadini di Rende e Castrolibero, dove il verdetto è stato quasi plebiscitario.

Un rifiuto, non solo alla fusione

Non è solo l’idea della fusione a essere stata bocciata. Il risultato sembra racchiudere un messaggio più profondo e, forse, più amaro: una disaffezione verso la politica e le istituzioni locali, percepite come distanti dai bisogni reali dei cittadini. L’affluenza limitata alle urne è il segnale più evidente di una comunità che non si sente coinvolta e che non si riconosce nelle proposte calate dall’alto. Quando solo una minoranza partecipa, il mandato democratico perde forza, e il referendum, da occasione di confronto, diventa un termometro di disillusione.

Città unica Cosenza Rende Castrolibero, il significato di quel NO

A dire NO sono stati soprattutto i cittadini di Rende e Castrolibero, che hanno visto nella fusione un rischio più che un’opportunità. Temono la perdita di autonomia, il rischio di una centralizzazione delle decisioni su Cosenza, e forse, più profondamente, non vedono nei promotori del Sì una visione concreta e condivisibile del futuro. È mancato un dibattito che coinvolgesse davvero la popolazione, che spiegasse non solo i vantaggi, ma anche le implicazioni pratiche di questa trasformazione epocale.

Il nodo della politica locale

La scarsa partecipazione e il trionfo del NO mettono a nudo un problema più ampio: la politica locale, incapace di interpretare e intercettare i bisogni della comunità. In molti percepiscono una distanza tra chi governa e chi vive i territori, una politica che sembra pensare più alla gestione del potere che al bene comune. La fusione, da progetto di rilancio e crescita, è apparsa come l’ennesima operazione burocratica, priva di anima e visione.

E ora?

Se la fusione sembra ormai tramontata, resta il compito più difficile: ricucire il rapporto tra istituzioni e cittadini. La bocciatura del progetto non deve diventare un’occasione persa per riflettere sulle esigenze reali di Cosenza, Rende e Castrolibero. Cosa chiedono i cittadini? Quali sono le loro priorità? La risposta non si trova nelle stanze dei consigli comunali, ma nei quartieri, nelle piazze e nelle scuole.

Un futuro tutto da scrivere

Il voto ha detto NO, ma non ha cancellato i problemi che il progetto di fusione intendeva affrontare: frammentazione, inefficienza e isolamento. La sfida ora è trovare soluzioni alternative, che mettano al centro le persone, e non solo le mappe amministrative. In fondo, come canta Vasco, dire NO non è mai solo una negazione: è un’affermazione di ciò che conta davvero. Una chiamata alla coerenza, al coraggio, e alla responsabilità.

Vincitori e vinti

A vincere sono stati Sandro Principe, Mimmo Talarico e Orlandino Greco che dal primo momento si sono opposti alla fusione. Ne hanno contestato le modalità, aprendo a un discorso futuro su altri presupposti. A perdere è stato il centrodestra e il Pd. Mario Occhiuto ieri sera non ha parlato dopo aver pubblicato post a ripetizioni sui social. L’unico a metterci la faccia è stato Pierluigi Caputo che da giovane politico ha dimostrato coraggio, criticando neanche tanto velatamente il sindaco di Cosenza Franz Caruso che, dal suo punto di vista, non si è impegnato per il Sì alla costituzione della città unica. Non pervenuto infine il Pd. Di una cosa tuttavia siamo certi: l’appuntamento con la fusione è soltanto rimandato. Forse al 2026.

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