Quando nel 1974 Brian Clough assunse la guida del Leeds United, sapeva benissimo a cosa andava incontro. Aveva portato il Derby County sul tetto d’Inghilterra (e a un soffio dalla finale di Coppa dei Campioni) e Don Revie a Elland Road era stato un re: l’eredità non era semplice. Così la prima cosa che fece fu portarsi dietro McGovern e O’Hare. Ovvero, due fedelissimi.

Il maledetto United racconta come l’ammutinamento della vecchia guardia portò al defenestramento di Clough dopo appena quarantaquattro giorni, ma non è questo che mi interessa. Il punto è che il Leeds tornò a vincere qualcosa dopo quasi vent’anni, mentre Clough prese McGovern e O’Hare, andò con loro a Nottingham e creò l’epopea del Forest.

Questa cosa dei fedelissimi mi ha sempre affascinato molto. Cosa portò, ad esempio, a Cosenza nel 1999 Aladino Valoti? Bortolo Mutti, che lo aveva avuto con sé per due stagioni tra Piacenza e Verona. Proprio come, nel 1996, Carlo Ancelotti pretese che Pietro Strada lo seguisse da Reggio Emilia a Parma. O, tempo addietro, Arrigo Sacchi con Bianchi, Mussi e Bortolazzi verso Milano.

In alcuni casi, terra terra, dietro tutto questo si nasconde solo la necessità di mettere una talpa in uno spogliatoio già affiatato. Il più delle volte, per fortuna, c’è l’alchimia tra un allenatore e i suoi giocatori: un impasto di caratteri, identità di vedute tattiche e doti tecniche. Sapere cosa aspettarsi gli uni dall’altro, e viceversa.

È curioso, ora, tornare a quella notte in cui il Cosenza centrò la strepitosa salvezza del lockdown con Occhiuzzi e pensare che nella Juve Stabia, oltre a Fabio Caserta in panchina, c’erano tre undicesimi degli attuali rossoblù: Calò in regia, Forte e Canotto in attacco. Ma i casertani nella rosa rossoblù salgono addirittura a cinque con Sgarbi (Perugia) e Viviani (Benevento). Non tutte esperienze felici per il tecnico calabrese (specie il Benevento bis), ma che evidentemente in quei calciatori hanno lasciato una traccia positiva. E che in questa sessione di mercato hanno trasformato Gemmi (bravo, soprattutto per i depistaggi) in una specie di Gianni Morandi in stile Sei Forte, papà!

L’arrivo di Canotto, nel medio periodo, potrebbe significare 4-3-3. Nelle ultime stagioni, con Grosso e Inzaghi, il ventinovenne rossanese si è collocato quasi sempre all’ala destra. In realtà Caserta a Castellammare gli fece ricoprire un po’ tutte le posizioni d’attacco: prima e seconda punta, esterno su entrambe le fasce, fino a centrocampo. Velocità e tecnica, assieme a una media di cinque reti e tre o quattro assist a stagione negli ultimi tornei, ne fanno uno degli esterni più pericolosi della categoria. Se D’Urso era un calciatore che spesso rallentava il gioco alla ricerca del momento giusto per l’assist, Canotto è un calciatore rapido e fisico, che crea spazi e sa inserirsi al tiro. Più congeniale, dunque, al gioco di Caserta.

Cedere D’Urso (e Calò) per prendere un bomber, come avrete letto sette giorni fa, mi vedeva molto contrario. Cedere il trequartista e veder arrivare un’ala e un centravanti non lo credevo possibile. Forse, quando Gemmi ha detto Canotto e Forte, Guarascio deve aver pensato a un predicato nominale ed eccoci qua, grazie a una congiunzione. Astrale, probabilmente.

In questo 4-3-3, dunque, Tutino starebbe all’ala sinistra e la puntazza diventa lo Squalo. Le sue stagioni d’oro risalgono al 2019/22, tra Juve Stabia, Venezia e Benevento. Il suo sinistro ha brillato assai meno ad Ascoli, dove pure ancora un mese fa erano convintissimi del triennale firmato in gennaio fino al 2026. Difficile, però, che tutto si sia incrinato solo nella notte folle dei bianconeri al Marulla. Crepe nello spogliatoio? Mancanza di motivazioni? Lo vedremo. Certo gli interessamenti di Sampdoria e Bari stanno a dimostrare, sulla carta, che ci troviamo davanti a un centravanti di categoria. Lo zampino di Caserta, l’idea cioè di ritrovare un tecnico che ha saputo valorizzarlo, può essere stato determinante. Lo chiameremo effetto Brian Clough, sperando sia quello targato Forest.

In questo 4-3-3, vedrei dunque Voca accanto a Calò e Zuccon. Rinforzare cioè la mediana, per evitare imbucate come quella che ci ha portato alla sconfitta contro il Modena. Quando la scarsa pressione su Tremolada e la staticità di lettura di una difesa schierata hanno condotto Abiuso al gol. Ciò non toglie che, accanto a Meroni, Fontanarosa crescerà e che Sgarbi e Venturi sapranno trovare le giuste misure a un gioco che espone molto alle folate avversarie (ma che bellezza vedere le nostre, vivaddio). E soprattutto che il 4-2-3-1 resti più di una semplice opzione, specie quando potrà rientrare Florenzi (ché, in fondo, averlo tenuto è un altro colpo di mercato). O che, con Tutino e Forte davanti, si possa ragionare persino su un 4-4-2 a trazione offensiva. Insomma, le opzioni a questo punto diventano tante. E in un calcio che contempla cinque cambi anche la freschezza di Crespi e l’estro di Marras possono tornare molto utili a gara in corso.

Del resto Quando sei nato, non puoi più nasconderti, oltre a essere il titolo di un bel film di Marco Tullio Giordana, è la realtà dei fatti: non prendi Forte e Canotto per centrare una salvezza tranquilla. Per quanto mi riguarda, ad ora, la griglia resta però quella del primo Minamò di stagione, anche se Parma e Venezia sembrano già un pezzo avanti rispetto alle altre che davo come favorite. E giocarsela con Spezia, Cremonese e Palermo non sarà facile.

Dunque, c’è spazio o no anche per il Cosenza nella zona playoff di questo campionato? Io credo di sì. Credo nella buona (e fortunata) prova di Venezia e nella mia rabbia di martedì sera, finalmente non dovuta a una prestazione scialba come mi è accaduto spesso negli ultimi anni.

Credo in un tecnico che parla chiaro e non covercianese, che non s’è fatto prendere dall’angoscia per gli infortuni in difesa (anche se io un altro tassello lì l’avrei visto bene) e sa che ora bisogna lavorare molto su quelle partite che non riesci a vincere e, allora, non le devi perdere.

Credo che, se vuoi giocare su un tavolo più grande, non si debbano più lasciare punti per strada a pene di segugio, come accaduto col Modena. Credo però che questo ogni tanto accadrà e di tutto questo dovremo imparare a non fare una tragedia.

Credo che ce la meritiamo, comunque andasse poi a finire, una stagione più ambiziosa, dopo anni di tristezza e miseria, quando invece toccava invocarlo il gong del mercato per evitare gli arrivi di Tupta e Rosseti.

Credo che, sotto questa luce diversa, vada pure giudicato il campionato da ora in poi. Basta meno trentasette alla salvezza dopo una vittoria, un mezzo stop e simu scisi o cose così. Riuscire, per una volta, a fare un passo avanti tutti insieme. Crescere. Cambiare, come riuscì a Brian Clough passando al Forest. Perché questa è una squadra che quel passo può farlo. Il resto tocca (anche) a noi.