Ciro Nigro e l’omicidio di Salvatore Di Cicco, l’uomo originario di Cassano Ionio, inghiottito dalla “lupara bianca” della ‘ndrangheta cirotana. Un assassinio avvenuto nel 2001 a Torretta di Crucoli, come raccontano i collaboratori di giustizia, tra cui l’ex boss di Rossano Nicola Acri. E proprio il suo ex “braccio destro” riferisce al pm antimafia Domenico Guarascio i dettagli, parlando soprattutto della figura di Rocco Azzaro.

«A proposito del momento in cui ho ricevuto l’incarico di prelevare Salvatore Di Cicco, posso riferire che sono stato convocato a casa di Rocco Azzaro il quale ha mandato da me un suo figlio, non ricordo quale, chiedendomi di andare dall’Azzaro che doveva parlarmi. Ho raggiunto l’abitazione di Rocco Azzaro» si legge nel verbale, «a bordo, se non ricordo male della mia autovettura Mercedes Classe C, che ho parcheggiato all’esterno del cortile recintato dell’abitazione di Rocco Azzaro e precisamente su un lato di tale recinzione».

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Ciro Nigro aggiunge altri elementi. «Dopo essere entrato dal cancello pedonale nel cortile circostante la casa dell’Azzaro, lì ho trovato, davanti l’abitazione, Rocco Azzaro e Nicola Acri. A quel punto, tutti e tre, siamo usciti dal cortile recintato, abbiamo attraversato la strada e ci siamo inoltrati in una piantagione di clementine, posta di fronte l’abitazione di Rocco Azzaro ma che non era di proprietà di Rocco Azzaro. Una volta inoltratici in tale piantagione, Rocco Azzaro, alla presenza di Nicola Acri, mi ha conferito l’incarico di prelevare il giorno dopo, Di Cicco con un pretesto per condurlo nel luogo in cui sarebbe stato soppresso». Nigro dichiara anche «che in quell’occasione ho chiesto a Rocco Azzaro e a Nicola Acri, se avrei potuto essere io a sparare per uccidere Di Cicco, ma entrambi mi hanno detto di no e mi hanno indicato quale era il mio ruolo». (continua/1 parte)