Narcotraffico ad Amantea, perché il gup ha condannato Scalise e Marigliano
Il giudice Sergi parla della presunta partecipazione del cognato di Suriano e dell'altro cosentino nell'associazione diretta dal gruppo "Certo-Cacciola-Pronestì"
Tra i condannati di “Crypto“, il processo della Dda di Reggio Calabria contro il gruppo “Cacciola-Certo-Pronestì“, ci sono anche due cosentini, oltre a Francesco Suriano e Roberto Porcaro. Parliamo di Alessandro Marigliano e Alessandro Scalise, ritenuti entrambi partecipi della “cellula” di Amantea, dedita al narcotraffico, come hanno sostenuto i finanzieri nel corso delle indagini preliminari.
Il gup di Reggio Calabria Giovanni Sergi ha inflitto 12 anni di carcere a Marigliano e 10 anni e 8 mesi a Scalise. Sono due figure importanti – secondo la pubblica accusa – rispetto alla presunta attività illecita portata avanti dal nipote di Tommaso Gentile. Di Francesco Suriano infatti ne abbiamo parlato in un altro servizio, stessa cosa dicasi per i principali imputati reggini.
La posizione di Alessandro Scalise
«Gli elementi probatori raccolti nel corso dell’attività di indagine – scrive il presidente Sergi – consentono di ritenere acclarato l’editto accusatorio mosso nei confronti di Alessandro Scalise al capo A della rubrica». Si tratta, evidenzia il giudice di Reggio Calabria, del «cognato di Suriano e suo uomo di fiducia per lo svolgimento di importanti incarichi per conto del sodalizio, Alessandro Scalise era certamente un partecipe del gruppo, legato al cognato Suriano, il quale, forte anche del rapporto di parentela, era solito incaricarlo per plurime operazioni afferenti alla commercializzazione della droga e al suo trasporto».
Il presunto coinvolgimento di Scalise, secondo il gup, trova «sostegno nel ripetersi delle condotte (affatto isolate ad occasionali circostanze) e nelle propalazioni intercettive di univoco tenore». E ancora: «“Sveglia dai che devi essere la mia spalla se sei capace” diceva Suriano al cognato Scalise allorquando lo incaricava di portare una ambasciata a Cosenza propedeutica alla cessione della cocaina a Porcaro, in tal modo appalesando quello che era il ruolo di braccio destro ricoperto da Scalise negli affari illeciti».
L’imputato Scalise, evidenzia la togata Giovanni Sergi, «nulla obiettava all’ordine di cognato Suriano – non soltanto adempiva al compito affidatogli con una certa disinvoltura, ma poi si adoperava anche in prima persona alle operazioni di trasporto della droga, collaborando con Gullace per far recapitare la cocaina fino a destinazione e per ricevere il denaro quale corrispettivo della vendita. Lo snodarsi dei commenti intercettivi non lascia dubbi, quindi, circa la collaudata cointeressenza affaristica che legava l’imputato al sodalizio in contestazione. Era sufficiente, infatti, un ordine di Suriano affinché lo Scalise si mettesse sull’attenti e provvedesse a svolgere il compito assegnatogli senza nulla chiedere di specifico».
«Alessandro Marigliano partecipe del narcotraffico»
Il gup Sergi annota che «quanto all’identificazione dell’imputato», Alessandro Marigliano, «ancora una volta deve farsi rinvio alla scheda identificativa che, valorizzando i servizi di osservazione, le immagini estrapolate dai sistemi di video sorveglianza che ne acclaravano la presenza agli orari compatibili con gli appuntamenti presi via sms, l’utilizzo da parte di Suriano della vettura», del fratello di Alessandro Marigliano, «messa a sua disposizione per gli incontri al vertice con altri sodali, intestate a soggetti di comodo e usate per le interlocuzioni sugli affari illeciti, proprio a Alessandro Marigliano».
«Un incrocio di dati, quindi, che smentisce il dichiarato dello stesso Marigliano, allorquando l’uomo, in sede di interrogatorio di garanzia, negando di essere l’utilizzatore delle utenze in questione e il soggetto parlatore dei dialoghi, forniva una versione che sul punto risulta screditata dagli accertamenti di P. G. di univoco tenore. Peraltro, si è trattato di dati che afferiscono a plurime vicende e tanto basta ad accreditare ulteriormente la ricostruzione della P.G. operante che, a parte le mere negazioni, non trova concreta smentita fattuale».
«Quanto alla partecipazione al sodalizio di Alessandro Marigliano, a certificare il suo diretto interessamento nei traffici illeciti a cui il gruppo era dedicato, vi è il coinvolgimento dell’imputato nell’importazione di oltre 50 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana che, provenienti dalla Spagna, erano destinati ad approvvigionare il gruppo di Suriano, considerato il quantitativo ingente e il coinvolgimento di un coacervo di soggetti (i fratelli Paletta, Giampiero Pati e lo stesso Suriano), che, per come si dirà anche a breve, erano certamente legati da comuni intendimenti delittuosi programmatici» aggiunge il gup Giovanna Sergi.
Infine, «a confortare ancora l’editto accusatorio vi è la collaborazione dimostrata da Marigliano, allorquando questo veniva avvisato da Suriano, del rinvenimento sulla propria autovettura, la Fiat 500X, di una apparecchiatura atta all’intercettazione tra presenti ed alla localizzazione GPS che la PG aveva fatto installare. Alla scoperta della microspia, lo stesso Francesco Suriano provvedeva immediatamente ad allertare Marigliano (“Buongiorno siamo imbottiti”) e, utilizzando il “noi” dimostrava come le attenzioni delle forze dell’ordine costituissero un problema che riguardava non soltanto la sua figura ma anche quella dell’altro imputato».
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