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Omicidio di Luca Bruni, sette pentiti di Cosenza pronti a tornare in aula

La Procura generale chiede di poter risentire Foggetti, Lamanna & co. nel processo d'appello in corso contro i fratelli Marco e Luigi Abbruzzese

Omicidio di Luca Bruni, sette pentiti di Cosenza pronti a tornare in aula

Da Adolfo Foggetti a Daniele Lamanna, passando per Franco Bruzzese, Edyta Kopaczsinska e Luciano Impieri con Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri in aggiunta. È il filotto di collaboratori di giustizia che la Procura generale di Catanzaro vuole riportare in aula sulla scena del processo d’appello Bruni quinquies, ultimo capitolo della saga giudiziaria che tenta di far luce sull’omicidio di Luca Bruni alias “Bella Bella” datato 3 gennaio 2011.

La richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale è stata avanzata dal pg Raffaella Sforza ed è ora al vaglio dei giudici chiamati a valutare la responsabilità dei fratelli Marco e Luigi Abbruzzese. In caso di accoglimento, si tratterebbe del replay di un film già visto. I pentiti in questione, infatti, erano stati già sentiti durante il processo di primo grado conclusosi con l’assoluzione dei due imputati. La prossima udienza è in programma a gennaio.

L’epurazione della famiglia “Bella Bella”

Tredici anni fa la morte dell’allora trentatreenne Luca Bruni si consuma nel contesto dei fermenti interni alla cosca nata per gemmazione tra il clan degli zingari di Cosenza e il gruppo criminale dei “Bella Bella”. In quel periodo, Luca Bruni aspirava a succedere a suo fratello, il defunto Michele Bruni, alla guida della consorteria, ma ignorava che i suoi vecchi amici avevano ormai deciso di rinnovare i quadri, sbarazzandosi di lui e della sua famiglia. E così accade che, quel 3 gennaio, le persone di cui Bruni si fida di più – Foggetti e Lamanna – lo attirano con un tranello in una campagna di Orto Matera e proprio Lamanna lo giustizia con un colpo di pistola a bruciapelo. Il suo corpo sarà seppellito in quel terreno al confine tra Rende e Castrolibero e, per circa tre anni, il nome di Luca Bruni andrà a ingrossare l’elenco degli scomparsi per lupara bianca. I resti saranno rinvenuti a dicembre del 2014 a seguito del pentimento di Adolfo Foggetti, circostanza che darà il via alla stagione dei processi.

Cinque processi per un omicidio

Ben cinque, dicevamo, che nel tempo hanno assegnato un’identità a esecutori materiali e mandanti dell’omicidio. In quest’ultima categoria rientra Maurizio Rango, ovvero colui il quale prenderà poi posto sul trono ambito da Bruni. Il suo processo, il primo, si conclude con la condanna all’ergastolo e lo vede alla sbarra insieme a un Foggetti ormai pentito e per questo destinatario di una pena più che mite: solo sei anni di reclusione.

Il secondo round si celebra a carico di un altro mandante, Franco Bruzzese e del sicario Lamanna, che nel frattempo hanno intrapreso anche loro la via della collaborazione. Il risultato è undici anni di condanna a testa. Le loro confessioni, però, segneranno il coinvolgimento di altre persone. Ettore Sottile, anzitutto, accusato di aver preso parte alla riunione deliberativa del delitto e di aver provveduto poi personalmente alla sepoltura del cadavere. Dopo un iter giudiziario più che tormentato, l’allora giovane contabile della cosca rinnovata sarà condannato a vent’anni di carcere con una sentenza a cui manca ancora il sigillo della Cassazione.

Al tempo stesso, però, i pentiti tirano in ballo come mandanti anche i fratelli Abbruzzese “Banana” che, da quella riorganizzazione criminale, avrebbero ottenuto il via libera per spacciare eroina a Cosenza in regime di monopolio. Marco Abbruzzese detto “Lo struzzo”, inoltre, sarebbe stato presente a Orto Matera nel giorno fatidico, armato di mitra e pronto a fare fuoco nel caso in cui a Lamanna fosse tremata la mano. Alla fine, proprio Marco Abbruzzese sarà condannato solo per l’ipotesi di distruzione di cadavere, mentre l’accusa principale di omicidio non sarà ritenuta dimostrata dai giudici della Corte d’assise di Cosenza. Nei loro confronti, la Dda aveva invocato la pena dell’ergastolo.

Ora, però, la Procura ci riprova. Oltre a interrogare nuovamente i pentiti, la Sforza ha chiesto l’acquisizione del dispositivo di condanna confezionato per Sottile. Quest’ultimo rientra anche nei pensieri dei difensori Antonio Sanvito e Cesare Badolato che hanno chiesto di sentirlo in aula al pari di Maurizio Rango e Roberto Porcaro. L’ultima novità del giorno è che il processo andrà avanti con gli stessi giudici. Capitò e Commodaro, infatti, avevano giudicato in precedenza l’imputato Sottile, circostanza che aveva indotto i difensori degli Abbruzzese a chiederne la ricusazione. La richiesta, però, non è stata accolta.

In un primo momento, si riteneva che la decisione di uccidere Bruni non costituisse solo un affare interno alla cosca mista zingari-italiani, ma che fosse stata condivisa anche dal clan Lanzino. Per questo motivo, negli anni scorsi si è celebrato un ulteriore processo a carico di Francesco Patitucci e Roberto Porcaro che, seppur funestato dall’ombra del giudice Marco Petrini, si è concluso con l’assoluzione definitiva di entrambi.

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