Da qualche ora a Belvedere Marittimo dilagano paura e preoccupazione. Nella serata di ieri, ad ora di cena, un ordigno di modeste dimensioni ha mandato in frantumi l’ingresso della sala mortuario dell’ex clinica Tricarico, oggi Tirrenia Hospital, in pieno centro cittadino. Chi ha posizionato la bomba aveva fatto bene i calcoli, conosceva posti e orari. In quel momento, nella sala mortuaria non c’era nessuno. Ma è solo un miracolo che nessuno sia rimasto ferito.

L’area è a pochi passi dal pronto soccorso, che ogni giorno fa registrare decine di ingressi, e nessun medico, tecnico o infermiere in quel momento si aggirava da quelle parti. Il vile gesto è di facile lettura: si è trattato di un atto intimidatorio. Ma nei confronti di chi? La struttura, attualmente gestita dall’imprenditore Giorgio Crispino, conta oltre 180 dipendenti.

L’esplosione della bomba all’ex clinica Tricarico di belvedere

In questi giorni in paese si festeggia il santo patrono, San Daniele Fasanella. Nella zona marina, è tutto un tripudio di luci e colori. La musica, sparata a palla dagli altoparlanti, copra le urla di gioia di grandi e piccini che si divertono al luna park, allestito nell’area adiacente agli uffici postali.

Quando ieri sera, poco dopo le 20, si è udita la forte esplosione, cittadini e commercianti hanno pensato ai fuochi d’artificio in lontananza. Ma a poche centinaia di metri, nell’enorme struttura sanitaria privata di Capo Tirone, il boato si è sentito forte e chiaro. Chi si è precipitato fuori, si è trovato innanzi a una scena agghiacciante. Gran parte della sala mortuaria era andata in frantumi.

Cosa c’è dietro il vile gesto

Ci hanno impiegato poco, coloro che sono arrivati sul posto, a capire che si era trattato di un vile attentato. Nella clinica, oggi di proprietà dell’imprenditore Giorgio Crispino, da qualche tempo succedono cose strane. Come alla fine di agosto, quando un’ambulanza, in piena notte, ha preso fuoco nel parcheggio. Quasi certamente, anche in quella occasione ci fu la matrice dolosa. A chi sono indirizzati gli avvertimenti? Non è ancora chiaro, ma è certo che da ieri sera dipendenti e pazienti della clinica si sentono un po’ meno sicuri.

La clinica senza pace

La clinica Tricarico-Rosano nacque agli inizi degli anni ’70 e fini alla fine degli anni 2000 ha rappresentato un modellino di organizzazione sanitaria ed economica. Fino a pochissimi anni fa, era tra le strutture sanitarie più “ricche” della regione, con accrediti o budget che hanno raggiunto il tetto di 14 milioni di euro annui. A fronte di tali e tante prestazioni, tra il 2010 e il 2011 cominciano i problemi finanziari e la storica società di gestione, di fatto riconducibile ai fratelli Pasqualino e Ciro Tricarico, cede il passo a una nuova.

Nel 2018 e nel 2019 le due società vengono dichiarate fallite. Un’indagine della procura di Paola rivelerà che la clinica veniva usata come un bancomat e intanto finisce all’asta. Giorgio Crispino, già imprenditore della sanità privata, se la aggiudica sottoscrivendo un contratto di fitto da un milione di euro all’anno. Ma è una misura provvisoria. Nel 2021 la struttura torna all’asta per un nuovo affidamento. Il Gruppo Critrigno offre oltre 16 milioni di euro e sembra fatta, ma Crispino ha il diritto di prelazione sull’acquisto e entra a gamba tesa sull’affare cambiando in extremis asset societario. La spunta Crispino.

Ma, nel frattempo, in quelle stanze di via Capo Tirone, a un passo dal mare, qualcosa si è rotto. Quella che prima era la meta preferita dei camici bianchi del Tirreno, ora fa registrare lamentele e qualche addio. Quattro mesi fa, a uno dei professionisti che vi lavorano, persona specchiata e stimata da tutti, bruciano la barca ormeggiata al porto di Cetraro. Una decina di giorni prima, alcuni pazienti assistono a una furibonda lite telefonica nei pressi del pronto soccorso tra un medico e alcune persone. Fonti vicine parlano di dissidi interni, da mesi. Ma può bastare un presunto attrito interno a giustificare un simile vile attentato intimidatorio?

Ovviamente no. E allora: chi è che vuole affossare la clinica? Per quali interessi? E perché ha scelto di farlo in modo così plateale, attirando l’attenzione su di sé e infischiandosene delle telecamere? La risposta potrà arrivare soltanto dall’esito delle indagini avviate dalla compagnia dei carabinieri di Scalea e coordinate dalla procura di Paola.