Arresti a Cosenza, l’inchiesta contro la ‘ndrangheta regge anche in Cassazione
Gli ermellini hanno rigettato finora quasi tutti i ricorsi delle figure apicali della presunta confederazione mafiosa cosentina. L'unico capitolo che sembra traballare è quello del "gaming"
C’era grande attesa negli addetti ai lavori per capire come si sarebbe espressa la Suprema Corte di Cassazione sui ricorsi presentati dagli indagati della maxi-inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina. Si tratta, com’è noto, del procedimento coordinato dalla Dda di Catanzaro, il cui blitz è stato eseguito il 1 settembre 2022 in provincia di Cosenza. Le misure cautelari emesse dal gip distrettuale Alfredo Romano erano 202, mentre il totale degli inquisiti, ad indagine chiusa, raggiunge quota 245. Numeri da capogiro se si considera che ci sono anche 302 capi d’imputazione.
Reggono associazione mafiosa e narcotraffico
Era dai tempi del processo “Garden” che la ‘ndrangheta cosentina non veniva colpita duramente dalle investigazioni antimafia. All’epoca tutti i clan della città erano stati messi dietro le sbarre, oggi siamo più o meno su quel livello, ma con una situazione mafiosa profondamente cambiata rispetto a 30 anni fa. Così i ricorsi degli indagati in Cassazione potevano in qualche modo mutare le sorti cautelari del procedimento. Ed invece anche gli ermellini hanno confermato in grandissima parte le ordinanze emesse dal tribunale di Riesame di Catanzaro. Gli annullamenti con rinvio, ovviamente, ci sono stati e magari ce ne saranno pure altri da qui a fine aprile, ma le contestazioni più gravi – associazione mafiosa e narcotraffico – sono rimaste granitiche anche nel giudizio di legittimità.
La vicenda del “gaming”
L’unico castello accusatorio che sembra un po’ traballare rispetto all’idea che si è fatta la Dda di Catanzaro è senza dubbio quello del “gaming“. I provvedimenti favorevoli ottenuti da Francesco De Cicco e Damiano Carelli vanno in questa direzione anche se è presto, per non dire prematuro, spingerci in altre considerazioni. Così come lo è se parliamo di 416 bis, nonostante qualche posizione abbia ottenuto quanto sperato in sede di reclamo. Si possono citare in tal senso le vicende giudiziarie di Rosanna Garofalo, Mario Gervasi, Antonio Zinno, Fiore Abbruzzese detto “NIno”, Saverio Abbruzzese e Armando Antonucci, quest’ultimo presunto componente del gruppo Presta di Roggiano Gravina.
Indagine chiusa con due pentiti in più
Gli ermellini, inoltre, hanno parzialmente bocciato alcuni reati fine, chiedendo un nuovo giudizio al Riesame di Catanzaro. Ma questo comunque non modifica il giudizio complessivo di un’inchiesta che, rispetto a tante altre, sembra aver cristallizzato le presunte condotte illecite e l’ambito criminale nel quale avrebbero operato oltre 100 soggetti legati a vario titolo ai clan cosentini.
Dopo aver chiuso l’inchiesta, la Dda di Catanzaro – avendo dalla sua altri due collaboratori di giustizia e nuove accuse – si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per gli indagati. Il prossimo step sarà dunque l’udienza preliminare che, lo ricordiamo, dal 1 gennaio 2023 ha subito alcune modifiche a seguito dell’entrata in vigore della riforma penale voluta dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia. I ricorsi in Cassazione, infine, termineranno entro la fine di aprile 2023.