Cosa sarebbe successo se non ci fossero stati gli arresti nel 2014 gli arresti quasi in concomitanza di “Nuova Famiglia“, l’indagine contro il clan “Rango-zingari” di Cosenza, e di Mario Gatto, esponente di vertice e killer della cosca “Lanzino” di Cosenza? Lo riferisce il collaboratore di giustizia Roberto Porcaro, ex “reggente” della consorteria mafiosa degli italiani, in uno dei primi verbali resi alla Dda di Catanzaro.

Il racconto del pentito pone al centro dell’attenzione due figure apicali: Mario Gatto e Maurizio Rango. Il primo – secondo quanto dichiarato dall’ex boss di Cosenza – avrebbe voluto uccidere il secondo, a causa di una serie di incomprensioni che si sarebbero venute a creare tra i due clan. Fibrillazioni che inoltre avrebbero sancito la fine della “grande alleanza” tra italiani e zingari, suggellata evidentemente dopo l’omicidio di Luca Bruni. Insomma, se Porcaro ha detto la verità, a Cosenza si è rischiata davvero una faida tra i clan di Cosenza.

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Il tutto inizia «nel periodo tra luglio e agosto del 2014, quando «si è verificata all’interno della nostra associazione una fibrillazione tra Maurizio Rango e Mario Gatto che ha portato a una sostanziale scissione tra gli zingari e gli italiani, nel senso che gli stessi rimanevano alleati, amici e in pace tra di loro, ma economicamente vi era di nuovo autonomia nella gestione delle attività illecite e nella raccolta dei relativi proventi» dichiara Porcaro.

«Fermo restando – precisa il pentito – che le attività illecite che erano svolte assieme continuavano a essere perpetrate in comune con la differenza che la ripartizione dei proventi non era più legata al precedente accordo di spartizione nella misura del 60% per gli italiani e il 40% per gli zingari, ma avveniva al 50%. Infatti, fino a poco prima di questa scissione la cassa era comune, nel senso che delle rispettive entrate di rendicontava nelle mani di Umberto Di Puppo e Alberto Superbo per gli italiani, e di Ettore Sottile per gli zingari».

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Porcaro spiega di essere venuto a conoscenza di questa fibrillazione «nel settembre del 2014 allorquando sono stato posto agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico presso la mia abitazione di piazza Zaleuco da Locri, e sono venuti a trovarmi a casa Maurizio Gatto e all’incirca dopo quindici giorni Mario Gatto. Ciascuno di questi mi ha rappresentato dei contrasti che avevano avuto qualche mese prima», ovvero di quando «si sono trovati a discutere Maurizio Rango e Mario Gatto» che si sarebbero dati appuntamento al Parco Robinson »per dirimere una situazione debitoria» tra due soggetti, non indagati in “Reset“, «nella quale il primo pretendeva dal secondo una somma di circa 30/40mila euro per una forniture di mobili».

A questo “summit all’aperto” avrebbero partecipato anche Tonino Abbruzzese “Banana” ed Ettore Sottile per la parte di Maurizio Rango, “a difesa” del presunto debitore, mentre Mario Gatto sarebbe stato da solo. «In questa discussione non solo non si raggiunse alcun compromesso sulla situazione debitoria, ma Maurizio Rango è stato irrispettoso nei confronti di Mario Gatto addirittura minacciando» il presunto creditore, di professione immobiliarista, «ed avvicinandosi direttamente a Mario Gatto in maniera irruenta».

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Questa storia viaggia quasi in parallelo con i malumori già espressi in passato da altri due pentiti di ‘ndrangheta, Luciano Impieri e Daniele Lamanna, i quali avevano manifestato, nei verbali resi alla Dda di Catanzaro, di essersi allontanati dagli “zingari” per alcuni contrasti proprio con Rango. Porcaro, sul punto, dà una sorta di conferma: «A seguito di questa vicenda Luciano Impieri e Daniele Lamanna, che già avanzavano delle lamentele nella gestione dei soldi da parte di Maurizio Rango, hanno colto l’occasione per avvicinarsi a Mario Gatto». Porcaro aggiunge che «Lamanna poi aveva anche svelato a Mario Gatto che gli zingari, in particolare Maurizio Rango e Franco Bruzzese, sottraevano autonomamente dalla bacinella la somma di 10mila euro mensili in ragione dell’esclusiva rivendita di eroina da parte della famiglia “Banana” senza però mai dirlo agli altri componenti dell’associazione. Queste sono state le principali ragioni di questa scissione».

Porcaro interviene in questa fase: «A quel punto ho parlato con Mario Gatto, alla fine di settembre 2014, questi mi ha riferito dell’intenzione di uccidere Maurizio Rango laddove avesse avuto la possibilità di farlo anche durante un eventuale periodo di latitanza prima che gli arrivasse il ripristino della custodia cautelare» per gli omicidi Marchio e Pelazza, contenuti nell’inchiesta “Terminator“. «A questa sua intenzione io ho manifestato il mio disappunto per l’affetto che mi legava a Maurizio Rango e nella speranza di riappacificazione tra i due».

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Succede, però, che alla fine del 2014, la Dda di Catanzaro arresta Mario Gatto che stava preparando la fuga e Maurizio Rango in qualità di capo della cosca degli “zingari” di Cosenza. «La riunione per la riappacificazione non si è più fatta, e Mario Gatto, nel frattempo, non si è più fatto vedere a casa mia prima che lo arrestassero. Mi ero quindi un po’ allontanato anche da Mario Gatto, nei confronti del quale mi sono sempre comportato bene; oltre a raccogliergli lo stipendio per quando ero detenuto, gli curavo anche alcune attività usuraie e pagavo le rate per una Mercedes ML» nella disponibilità di uno dei congiunti di Mario Gatto.