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Franco Pino, anche dopo il suo pentimento, fa parte della storia della ‘ndrangheta. Il pentito eccellente di Cosenza, un boss a tutto tondo. Invitato ai “summit mafiosi” per decidere se aderire alla linea stragista di Cosa Nostra contro lo Stato, l’attuale collaboratore di giustizia nel corso degli anni ha reso numerose dichiarazioni sui rapporti illeciti tra le cosche cosentine e quelle Vibonese. Tra tutte, la famiglia Mancuso. Ha parlato anche dei suoi contatti stretti con Peppe ‘Mbroglia e Luigi, detto “Il Supremo“. Insomma, tra i soggetti più influenti della mafia calabrese.
I collegamenti tra le cosche cosentine e quelle vibonesi
Il pentito Franco Pino è stato sentito di recente sia nel processo “Ndrangheta Stragista” che in “Rinascita Scott“. Il primo è un procedimento della Dda di Reggio Calabria contro Giuseppe Graviano e Rocco Filippone, condannati anche in appello per il duplice omicidio di due carabinieri. Il secondo invece è la maxi indagine della Dda di Catanzaro contro le famiglie mafiose della provincia di Vibo Valentia. In entrambe le circostanze ha riferito delle sue conoscenze con i boss del Reggino e del Vibonese. E le sue propalazioni sono contenute anche nell’inchiesta “Reset”, l’imponente indagine contro la ‘ndrangheta cosentina.
«Ho conosciuto molte persone del vibonese, a livello criminale, di molti non ricordo nemmeno il nome, ma sicuramente era notorio che la famiglia Mancuso era un riferimento criminale assoluto per tutta la provincia di Vibo Valentia ed anche fuori provincia. Ricordo che quando ancora non conoscevo tante cose e non avevo gli agganci nella ‘ndrangheta che vi ho spiegato, quindi non avevo ancora conosciuto i Mancuso, conobbi “Ciccio Fortuna “Pomodoro”, che pure ebbe contrasti con i Mancuso, quando parlava di loro quasi si inginocchiava e pregava per quanto ne aveva venerazione criminale».
Pino ha poi riferito di un omicidio commesso dal suo gruppo per conto dei Mancuso e ha fatto riferimento anche al “Mammasantissima” Antonio Sena. «Prestava soldi a Cosenza con il nome di Peppe Mancuso (il Peppe Mancuso di cui ho parlato prima, detto Peppe Mbroglia, che era anche più grande di Luigi e pure lo chiamava zio). Ricordo anche, per far capire quanto contassero i Mancuso fino a Cosenza, che negli anni ’80 Luigi Mancuso intervenne per risolvere una questione relativa all’estorsione» fatta a un imprenditore. «Insomma, anche se non ho assistito e saputo in concreto di famiglie del Vibonese che appartenessero alla linea dei Mancuso, era chiaro che questo ruolo dei Mancuso nella zona era dello stesso tipo del ruolo che esercitavano per noi, come referenti di questa linea di comando unica che ho descritto».