Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Tutte le tappe dell'omicidio di Rocco Gioffrè commesso da Tiziana Mirabelli
Una ricostruzione non convincente. Così il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Cosenza Alfredo Cosenza motiva la custodia in carcere per Tiziana Mirabelli, rea confessa dell’omicidio del 75enne Rocco Gioffrè, originario di San Fili, ucciso il 14 febbraio 2023 con 37 coltellate nell’appartamento della donna al culmine di una lite nata, a dire della 47enne, per una presunta gelosia da parte di lui nei confronti di lei. Un omicidio efferato, tra i più cruenti degli ultimi 15 anni. Ricostruiamo quindi le tappe della vicenda attraverso le carte dell’inchiesta. (clicca avanti per continuare)
Tiziana Mirabelli ha ammazzato da cinque giorni il povero Gioffrè. Si reca una prima volta dai carabinieri senza trovare il coraggio di confessare il delitto. Ai militari dell’Arma avrebbe detto che qualcuno, probabilmente lo stesso Gioffrè, era in pericolo. Ma senza dare dettagli precisi. Nel corso della giornata Tiziana Mirabelli incontra una delle figlie dell’uomo ucciso con 37 coltellate. Si scambiano un paio di scarpe. Nulla più. Le ferite alla mano destra dell’assassina sono già ben visibili. (clicca avanti per continuare)
Tiziana Mirabelli, accompagnata dal legale Santo Orrico, va dai carabinieri di Cosenza Centro, sede della Compagnia di Cosenza. Confessa di aver ucciso Rocco Gioffrè e riferisce tutti i dettagli della vicenda. Intorno a mezzogiorno gli specialisti dell’Arma dei carabinieri entrano nell’appartamento di via Montegrappa e trovano il corpo di Rocco Gioffrè. Iniziano i rilievi che seguiranno anche nei giorni successivi a caccia di ulteriori indizi.
Tiziana Mirabelli ha tenuto nascosto il corpo per sei giorni in una stanza della sua abitazione, ripulendo ogni traccia di sangue. Dirà ai pm che era “blackout“. «Sono venuta ad autodenunciarmi di un reato gravissimo ed in particolare per difendermi ho ucciso un uomo. Il fatto è accaduto il 14 febbraio 2023 in casa mia. Il signore che è deceduto si chiama Rocco Gioffrè, era mio vicino di casa, abitava con il figlio». E ancora: «Con questa persona da circa 3-4 anni non abbiamo avuto buoni rapporti, tempo fa, mi aveva alzato le mani». Il suo avvocato gli aveva consigliato di refertare le lesioni, sporgendo denuncia, ma lei non ha mai seguito le indicazioni del legale.
Prima di commettere il delitto Tiziana Mirabelli ha detto di aver preso un caffè a casa di lui e dopo dieci minuti l’uomo ha bussato alla sua porta. «Mi faceva subito delle proposte sessuali esplicite» ha dichiarato la donna. «Io gli riferivo che non volevo fare nulla di queste cose sessuali e lui mi diceva che o facevamo qualcosa oppure mi avrebbe ammazzata».
Al rifiuto di Tiziana Mirabelli, Rocco Gioffrè avrebbe estratto un coltello dalla tasca dei pantaloni, puntandoglielo alla gola. Ed è in questo frangente che la donna si sarebbe ferita alle mani, spostando l’arma da taglio. Ne sarebbe scaturita quindi una colluttazione. L’indagata inoltre precisa che le coltellate sono state più di una ma non ricorda il numero esatto. L’omicidio è avvenuto, come ha spiegato la donna, nella camera da letto. (clicca avanti per continuare)
Sebbene Tiziana Mirabelli abbia dichiarato che il coltello con cui ha assassinato Rocco Gioffrè fosse in casa, gli investigatori ancora non lo hanno individuato. «Aveva un manico grigio» ha aggiunto l’indagata. «Da casa non ho tolto nulla, ho dato solo una pulita dove c’era il sangue e ho buttato gli stracci sotto il portone di ingresso nei rifiuti differenziati». Nel corso del racconto la donna ha ammesso che Rocco Gioffrè in passato gli aveva prestato alcune somme di denaro, «che poi gli ho restituito», ma non era a conoscenza se nell’appartamento della vittima ci fosse una cassaforte, dalla quale sarebbero spariti circa 10mila euro. Tiziana Mirabelli ha evidenziato durante la sua confessione che «ricordo che Rocco un paio di volte mi ha picchiata, la prima volta a settembre 2022, e la seconda volta prima di Natale. Il movente era la gelosia». (clicca avanti per continuare)
Il gip Alfredo Cosenza ritiene che la ricostruzione fornita da Tiziana Mirabelli non sia del tutto convincente a cominciare dalla presunta legittima difesa che non sarebbe compatibile con la dinamiche omicidiaria né con il numero di coltellate. Per il giudice cautelare non sarebbe verosimile neanche la modalità con cui Tiziana Mirabelli avrebbe sottratto il coltello all’uomo. «Appare difficile pensare che un’aggressione così condotta non abbia prodotto ferite al collo o al corpo della donna». L’indagata, tuttavia, aveva mostrato le lesioni alle due mani, soprattutto a quella destra, dove ci sarebbero delle ferite profonde. Sul punto, i medici legali si sono recati in carcere a Castrovillari per verificare la compatibilità delle lesioni rispetto agli eventi narrati, in tema di legittima difesa, dalla donna di Cosenza. Non è neanche credibile. scrive il gip, il racconto delle “microspie” che la donna ha dichiarato di aver trovato, descrivendo la personalità della vittima, la quale avrebbe avuto un atteggiamento morboso e ossessivo nei suoi riguardi.
Il giudice Cosenza tuttavia ha lasciato una porta aperta: «Le dichiarazioni di Tiziana Mirabelli circa il suo intento difensivo appaiono, piuttosto, meritevoli di approfondimento investigativo, soprattutto i rilievi scientifici sulla scena del crimine e l’esame autoptico, che possano chiarire i dubbi che le sue dichiarazioni in ordine alle modalità dei fatti lasciano residuare, in difetto del quale esse non possono ritenersi convincenti». (clicca avanti per continuare)
La difesa di Tiziana Mirabelli, rappresentata dall’avvocato Cristian Cristiano, oltre ad aver già inoltrato ricorso al Riesame di Catanzaro per chiedere una misura meno afflittiva del carcere, ha chiesto e ottenuto il sequestro del cellulare della donna e il sequestro del profilo Facebook al fine di confermare la presenza dei messaggi “morbosi” che Gioffrè avrebbe inviato su Messenger nel corso del tempo alla donna. I familiari della vittima sono assistiti dall’avvocato Francesco Gelsomino.
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