Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Processo "Reset", in aula il Maggiore Sacco: le indagini sui gruppi Porcaro e D'Ambrosio
Il procedimento penale denominato “Reset“, sul fronte investigativo di competenza dei carabinieri, nasce dall’inchiesta della procura di Cosenza convenzionalmente chiamata “Terra bruciata“. Un’indagine risalente al 2016, quando l’ufficio inquirente del capoluogo di provincia riteneva che vi fosse un gruppo dedito al narcotraffico. E’ iniziata così la deposizione in aula del Maggiore Giuseppe Sacco, all’epoca comandante del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Cosenza, oggi invece comandante della Compagnia di Sesto San Giovanni, in Lombardia.
«Volevamo ricostruire l’assetto delle varie articolazioni in provincia di Cosenza, a seguito delle tante vicende delittuose avvenute in quel momento. Un metodo condiviso con le altre forze di polizia e ovviamente con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, da cui è partita l’iniziativa di unire le varie investigazioni» ha detto Sacco in udienza.
«La parte di competenza dei carabinieri nasce dalle indagini svolte dalla Compagnia di Cosenza unitamente alle attività della Guardia di Finanza di Cosenza. In quella fase abbiamo fatto ricorso a una serie di elementi emersi in altre precedenti indagini, richiamando sul punto pure le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Ognuno dunque si è occupato di un ramo d’indagine, con compiti ben definiti» ha aggiunto il Maggiore Sacco.
«Il Nucleo Investigativo ha lavorato sul gruppo Porcaro ma più in generale ogni gruppo aveva un suo referente, ritenendo che gli stessi fossero confederati tra loro. Negli italiani c’erano vari sottogruppi, tra cui proprio quello di Porcaro. Gli elementi, da intendere quali fonti di prova, su cui si sono fondate le nostre attività derivano dalle propalazioni dei pentiti. A ciò abbiamo unito anche le varie intercettazioni, da quelle telefoniche a quelle telematiche, nonché servizi di osservazione e pedinamento, e inoltre tracciamento dei movimenti dei soggetti interessati mediante lo strumento del Gps. Le precedenti vicende giudiziarie? Siamo partiti sicuramente da “Garden“, “Missing“, “Squarcio“, “Tamburo“, tutte sentenze che riguardano il profilo storico della ‘ndrangheta cosentina».
«Per i procedimenti penali più recenti possiamo citare “Terra bruciata“, avviata nel mese di ottobre del 2016 dal Comando stazione di Cosenza Nord e dalla Finanza, finalizzata al contrasto del fenomeno del narcotraffico diffuso a Cosenza e nell’hinterland» ma in realtà l’ipotesi accusatoria era relativa all’art. 73 rispetto a plurime cessioni di cocaina, di esclusiva competenza della procura ordinaria. «Successivamente, nel momento in cui sono emersi elementi di condivisione delle attività con la criminalità organizzata, il fascicolo è passato alla Dda di Catanzaro».
«In “Terra bruciata“», procedimento penale che è stato già definito con sentenze di patteggiamento e condanne, «i soggetti interessati dalle indagini erano tra gli altri Gaetano Bartone, Francesco Greco, Armando De Vuono, Massimo Benvenuto e Roberto Porcaro. Nel fascicolo Dda invece erano intercettati tra gli altri Armando De Vuono, Francesco Greco, Massimo Benvenuto, Danilo Turboli, Antonio Russo, Giuseppe Perrone e Aurelia Bracciaforte. Fascicolo a cui ha fatto seguito poi “Testa di Serpente“, dove sono state chieste misure cautelari. I reati per i quali venivano intercettati erano le ipotesi di narcotraffico, usura, estorsione ed esercizio abusivo del credito. Nello specifico, il gruppo Porcaro c’erano persone dedite ad attività delittuose, quali traffico di droga, usura ed estorsione».
Nel corso dell’esame, il Maggiore Sacco ha parlato di uno dei casi su cui lavoravano i carabinieri, ovvero la vicenda giudiziaria che vede coinvolti, tra gli altri, l’ex collaboratore di giustizia Roberto Porcaro, l’avvocato Rosa Rugiano, e gli imputati Antonio Russo e Aurelia Bracciaforte. Altri temi evidenziati sono quelli dei rapporti tra Porcaro e i vari Giuseppe Perrone e Giuseppe Broccolo.
Chiuso il capitolo dedicato al gruppo Porcaro, il Maggiore Sacco ha riferito sulle emergenze investigative relative ad Adolfo D’Ambrosio che dopo essere uscito dal carcere, avendo scontato la sentenza di condanna nel processo “Vulpes“, per il quale era anche al “41 bis“, come oggi, avrebbe ripreso a delinquere. D’Ambrosio infatti sarebbe stato intercettato insieme al fratello ed altri soggetti a lui contigui mentre si parlava di compiere una rapina, su cui non c’è stato alcun riscontro. Gruppo D’Ambrosio “attenzionato” con intercettazioni telefoniche, seguendo quelle che erano le presunte intenzioni degli indagati di richiedere somme di denaro a scopo estorsivo ai danni di numerose attività situate nella città di Rende. Ma non solo. Il Maggiore Sacco ha affermato che il gruppo D’Ambrosio si è incontrato una volta anche con Mario “Renato” Piromallo e Salvatore Ariello, a casa di Massimo D’Ambrosio, nonché con Roberto Porcaro.
L’avvocato Amelia Ferrari ha chiesto al teste se c’erano intercettazioni relative a Massimo D’Ambrosio con altri referenti di gruppi criminali, da quelli degli “zingari” fino al gruppo Presta. «No» ha risposto l’Alto ufficiale dell’Arma, precisando che le conversazioni erano comunque con altri familiari, come Aldo Andrea. In riferimento al presunto “libro mastro” sequestrato nel 2020 a casa di Massimo D’Ambrosio, il teste ha detto che «c’erano nomi e cifre» circa il presunto esercizio abusivo del credito, «senza rintracciare i nomi presenti». Sempre il difensore ha domandato al Maggiore Sacco se Massimo D’Ambrosio fosse imputato in “Terra bruciata” e “Testa di Serpente“. La risposta è stata negativa.
Le indagini su Massimo D’Ambrosio iniziano sui reati di usura ed esercizio abusivo del credito, ha dichiarato Sacco, su domanda dell’avvocato Valerio Murgano. Come si legano i procedimenti penali? «Le dichiarazioni dei pentiti e le attività tecniche condotte nel corso dell’inchiesta» ha precisato il Maggiore. «Qual è l’elemento indicativo da cui si ipotizza la nascita del gruppo D’Ambrosio? Non c’è un elemento specifico sulla genesi». L’avvocato Murgano poi si è focalizzato sul presunto ruolo di capo di Massimo D’Ambrosio: «Nelle conversazioni era predominante» ha evidenziato Sacco. «Ha impartito ordini sul narcotraffico?» ha chiesto il legale di Catanzaro. «No» ha replicato il teste.
Poi si è passati a Giuseppe Perrone, difeso dall’avvocato Filippo Cinnante. «Non avevamo indizi su questo imputato in epoche precedenti» ha dichiarato il Maggiore Sacco. «Perrone era vicino al gruppo Porcaro? I collaboratori non dicono questo» ha detto l’ufficiale di polizia giudiziaria. Non ci sono contatti inoltre tra Perrone e altri soggetti della criminalità organizzata cosentina. Dal contesto intercettivo emerge anche un rapporto di amicizia che Perrone aveva con la persona offesa. Perrone e Broccolo vittime di estorsione da parte di Porcaro? «Si, è vero» ha chiarito Sacco che non ha mai più sentito parlare di Giuseppe Perrone, tranne nel presunto caso di usura.
Controesame sostenuto anche dall’avvocato Gianpiero Calabrese per Sergio La Canna, inserito dalla Dda di Catanzaro nel presunto gruppo Porcaro. «Dal 2017 al 2019» ha detto Sacco. «Quante volte è stato attenzionato? Sottoposto direttamente a intercettazione telefonica. Condotte specifiche? Una frequentazione a piazza Loreto con Alberto Turboli» ha aggiunto il Maggiore «ma non con Roberto Porcaro», con il quale non ci sono state comunicazioni neanche di tipo telematico o ambientale, captate dagli investigatori.
Trattata in controesame anche la posizione di Andrea Cello, difeso dall’avvocato Francesco Calabrò. Gli investigatori non hanno sottoposto ad intercettazione l’imputato, come ha confermato il Maggiore Sacco. Non ci sono poi contatti con i presunti appartenenti al gruppo D’Ambrosio.
L’avvocato Rodolfo Alfieri, difensore del legale Rosa Rugiano, ha chiesto quale fosse la natura dei rapporti tra l’imputata e i coniugi Russo. «Collegamenti professionali» ha riferito il teste Sacco. Non ci sono state telefonate tra la Rugiano e Porcaro, con il quale c’è stato solo un incontro in un bar. Poi il teste ha parlato di Alessandro Morrone, classe 1972, difeso dall’avvocato Domenico De Rosa. L’imputato è presente in un fascicolo riunito a “Reset” in qualità di persona offesa, poi indicato anche come imputato per un’aggressione ai danni di un soggetto che sarebbe vicino a Piromallo. Status di parte offesa confermato anche dal Maggiore.
La figura di Antonio De Rose, difeso dall’avvocato Maurizio Nucci, non è emersa dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia. Non era un soggetto altresì conosciuto ai carabinieri, non avendo neanche precedenti penali. Dal complessivo apparato di natura tecnica non ci sono intercettazioni che riguardano l’imputato, ha affermato il teste.
Rispetto all’attività di osservazione e pedinamento, non ci sono attività di controllo da parte delle forze dell’ordine con Adolfo D’Ambrosio, Ivan Montualdista e Massimo D’Ambrosio. Non sono state annotate frequentazioni con gli altri co-imputati del cosiddetto gruppo D’Ambrosio. Circa la contestazione mossa dalla Dda di Catanzaro, quella riferita a De Rose che avrebbe posizionato proiettili e bottigliette incendiarie, il teste ha spiegato che la sua posizione era investigata per una presunta estorsione ai danni di un’azienda, a seguito di un sopralluogo fatto all’interno di un terreno adiacente alla persona offesa, che ha denunciato l’intimidazione nel 2020. L’elemento indiziario? Un contatto telefonico con un altro imputato, Fabiano Ciranno.
Uno degli ultimi controesami è stato quello di Giuseppe Midulla, difeso dall’avvocato Cristian Cristiano. L’imputato non è stato intercettato né gli investigatori lo hanno osservato e pedinato, trovandolo insieme ai co-imputati di una presunta tentata estorsione. Midulla secondo Sacco ha consegnato due proiettili. Nel 2019 svolgeva la professione di guardia giurata anche in un supermercato dove sarebbero stati trovati i bossoli, consegnati al titolare
Per Massimo Benvenuto è intervenuto l’avvocato Rosario Carbone. «Benvenuto era sottoposto a usura dal duo Porcaro-Greco? Non ricordo», ma il legale ha richiamato un atto a firma del Maggiore nel quale si evincerebbe tale circostanza, confermata poi da Sacco. Infine, l’avvocato Raffaele Rigoli (in sostituzione dell’avvocato Angelo Pugliese per la posizione di Giuseppe Broccolo, su cui non ci sono riscontri con le dichiarazioni dei pentiti).
Il legale Rigoli, difensore di Giuseppe Cirillo, ha fatto rilevare che il suo assistito fosse persona offesa (per una presunta estorsione) del reato formulato in seguito dalla procura antimafia di Catanzaro. Il teste ha condiviso tale affermazione riguardo alla vicenda di un acquisto all’asta di un immobile, per il quale l’imputato, un militare che nella sua vita ha partecipato anche a missioni di pace all’estero, avrebbe subito pressioni dal cosiddetto gruppo D’Ambrosio.
Controesame delle difese concluso dall’avvocato Fiorella Bozzarello che si è soffermato sull’ipotesi confederativa. «Quali sono stati riscontri rispetto alle propalazioni dei pentiti?» ha domandato la penalista al teste Sacco. «Contatti tra gruppi diversi dal punto di vista criminale» ha risposto. «I collaboratori indicano i due raggruppamenti italiani e “zingari“. Gli elementi concreti? Emergono i rapporti di cui noi ci siamo occupati, ma non dal punto di vista tecnico».
A margine dell’udienza Francesco Stola ha precisato che si trova in ospedale ma non riesce a farsi una doccia perché manca l’acqua fredda. «Non sono andato in ospedale per operarmi alla schiena e mi prende la bronchite» ha dichiarato l’imputato.
Anche l’imputato Sandro Perri ha inteso rendere spontanee dichiarazioni: «Ho ascoltato tutto da stamattina, mi trovo agli arresti domiciliari senza un perché. Vorrei capire come mai c’è tutta questa attenzione su di me, visto che dicono che io sia partecipe del gruppo D’Ambrosio».
Da gennaio 2014 ci saranno più udienze durante le settimane. Lo ha annunciato il presidente del collegio giudicante Carmen Ciarcia, il quale ha chiesto alla pubblica accusa di citare testi di polizia giudiziaria che possano entrare nello specifico delle contestazioni formulate dai pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti. Il processo si terrà da martedì a giovedì di tutte le settimane, tranne l’ultima di ogni mese, ovvero da gennaio a giugno 2024 (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati di “Reset”)
Tutti gli articoli di Cronaca