I diciassette pentiti che hanno demolito la 'ndrangheta di Cosenza
I diciassette pentiti che hanno demolito la 'ndrangheta di Cosenza
I diciassette pentiti che hanno demolito la 'ndrangheta di Cosenza
La maxi-inchiesta della Dda di Catanzaro, oltre a contenere centinaia di intercettazione, in buona parte a mezzo trojan, si compone anche delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
L’elenco comprende:
A questi si sono aggiunti Ivan Barone e Danilo Turboli, i quali hanno deciso di pentirsi dopo il 1 settembre 2022, giorno in cui è scattato il blitz della Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta cosentina (clicca avanti per continuare a leggere)
I pentiti sono utili all’accusa non solo per ricevere elementi indiziari sui reati fine, ma soprattutto per costruire l’impalcatura della presunta confederazione mafiosa cosentina. Basti pensare che le prime tracce risalgono al 2014 quando nel mese di settembre, Ernesto Foggetti decide di collaborare con la giustizia, rivelando i nomi degli assassini di Luca Bruni ucciso dal clan “Rango-zingari” di Cosenza. Foggetti infatti avrebbe partecipato a un “summit di mafia” che si sarebbe tenuto nel 2006 in via degli Stadi. I pm antimafia, quindi, ritengono che «i loro contributi dichiarativi – si legge nelle carte dell’inchiesta – hanno consentito di tracciare l’organigramma completo delle articolazioni criminali che contempla, peraltro, molti soggetti già giudicati per reati di mafia, contribuendo anche a differenziare il ruolo e il contributo partecipativo di ciascuno, di individuare i rispettivi settori illeciti di interesse operativo, di fare luce sulle alleanze del gruppo con altre organizzazioni».
Per i magistrati antimafia «è stato possibile rappresentare in modo chiaro e articolato una realtà complessa come quella del crimine cosentino grazie allo spessore collaborativo dei dichiaranti, persone che in seno alla ‘ndrangheta rivestivano anche ruoli di rilievo e, in quanto tali, in possesso di cognizioni dirette» (clicca avanti per continuare a leggere)
«Alcune tra le fonti collaborative – è il caso ad esempio di Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Franco Bruzzese – risultano già accreditate in termini di credibilità da precedenti apporti dichiarativi ed esiti processuali». I magistrati fanno evidentemente riferimento al processo per l’omicidio di Luca Bruni, alle inchieste contro i vari clan cosentini – tirrenici e ionici – e magari alle indagini che verranno.
Così la Dda di Catanzaro aggiunge che «i fuoriusciti del clan dei nomadi (Franco Bruzzese, Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri), quelli del gruppo Rango (Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Giuseppe Montemurro e Luciano Impieri), i collaboratori che hanno abbandonato la cosca “Lanzino-Patitucci” (Giuseppe Zaffonte) e quelli di cui è orfano il clan Perna (Luca Pellicori), unitamente agli altri in ordine sparso che si sono associati a tale scelta di vita (Francesco Noblea, Vincenzo De Rose e altri ancora), offrono un racconto univoco sugli avvenimenti dell’ultimo decennio, in particolare con riferimento al gruppo confederato, dodato di cassa comune e di processi decisionali condivisi, per arrivare poi alle immancabili fibrillazioni che mettono in crisi l’assetto, radicalizzando così i rapporti tra le diverse componenti».
In verità, seguendo lo sviluppo temporale delle collaborazioni con la giustizia, il momento decisivo per contestare la confederazione mafiosa arriva quando si pente Celestino Abbruzzese. Si tratta dello snodo cruciale della maxi indagine poi venuta a galla il 1 settembre 2022. E di “Micetto” ne parleremo ancora.