Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
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Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
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Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Processo "Reset", non solo Patitucci e Porcaro. Ecco la posizione di Mazzei
Roberto Porcaro, ex collaboratore di giustizia, ha inviato la medesima lettera acquisita agli atti del processo abbreviato di “Reset” anche al tribunale collegiale di Cosenza, spiegando le ragioni del suo passo indietro. Missiva pervenuta in cancellaria e menzionata dal presidente Carmen Ciarcia, nel corso di una pausa del processo che si svolge presso l’aula bunker di Lamezia Terme.
Il processo ordinario di “Reset” è ripreso dopo la pausa natalizia. La seduta processuale è stata incentrata sulle posizioni più importanti dal punto di vista investigativa, vale a dire Francesco Patitucci, Rosanna Garofalo, Roberto Porcaro e altri soggetti ritenuti vicini al clan degli italiani di Cosenza. All’epoca, ha specificato l’ufficiale di polizia giudiziaria Gigliotti, in servizio presso la Guardia di Finanza di Cosenza, Patitucci era sottoposto alla detenzione carceraria, dovendo scontare la condanna per la detenzione della pistola, rinvenuta nel febbraio del 2016 a seguito di una perquisizione veicolare e personale e anche per la misura cautelare all’ora in vigore per l’omicidio di Luca Bruni, da cui è stato assolto in via definitiva
Le investigazioni, ha detto Gigliotti, sono partite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed estese poi alle varie attività tecniche eseguite nel corso delle indagini preliminari. Nel mirino della Finanza sono finiti gli imputati diversi soggetti. Tra questi: Francesco Patitucci, Rosanna Garofalo, Giovanni Garofalo, Francesco Stola, Andrea Bruni, Antonio Lucà, Andrea Mazzei e Marcello Manna.
Patitucci, ha ricordato il teste, è uscito dal carcere il 4 dicembre 2019 quando l’allora presidente della sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, lo aveva assolto dall’accusa di essere uno dei mandanti dell’ultimo “boss” della famiglia Bruni “Bella bella” di Cosenza. Nei colloqui in carcere, ha aggiunto il maresciallo Gigliotti, Patitucci parlava di un certo “te piasse“, ovvero Roberto Porcaro, il quale nella fase intercettata aveva lasciato Silvia Guido per iniziare una relazione sentimentale con un’altra donna. A riferire queste circostanza, ha evidenziato il finanziere, era stata Rosanna Garofalo, all’epoca moglie di Patitucci. Poi anche in questo caso la relazione finì. Ma il boss di Cosenza, oltre ad apprendere la novità “amorosa”, avrebbe raccomandato alla donna di dire a Porcaro di non farsi arrestare. Evento che invece avviene il 13 dicembre del 2019, quando la Dda di Catanzaro emette un decreto di fermo nell’ambito del procedimento penale “Testa di Serpente“.
L’ufficiale di polizia giudiziaria ha anche rivelato che Patitucci nel mese in cui compiva gli anni, ovvero maggio, avrebbe chiesto a Rosanna Garofalo di predisporre una batteria di fuochi d’artificio fuori dal carcere per festeggiare il compleanno. Gigliotti, infine, è entrato nel merito delle contestazioni relative ai reati di usura riguardanti la posizione di Rosanna Garofalo. Focus anche sui rapporti ritenuti illeciti dalla Dda di Catanzaro con l’imputato Antonio Lucà, nell’ambito del noleggio di auto utilizzate per muoversi sul territorio calabrese e non.
Durante l’esame dibattimentale il teste di polizia giudiziaria ha riferito pure sui contatti intercorsi tra Roberto Porcaro, che prima degli arresti di “Testa di Serpente” fu vittima di un brutto incidente, tanto da sottoporsi a un intervento chirurgico, e Francesco Stola. Secondo il finanziere i rapporti tra i due erano fitti. In diverse circostanze, Porcaro quando si recava al bar di Stola, e il titolare non era presente, lo chiamava dal cellulare di un dipendente, perché Porcaro, ha specificato il maresciallo Gigliotti, non ne era in possesso.
Nel prosieguo dell’udienza a Lamezia Terme, il finanziere Gigliotti ha parlato anche della posizione del consulente finanziario Andrea Mazzei, dichiarando che l’uomo, originario di Cosenza, era finito sotto la lente d’ingrandimento anche per via di alcune dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, indicato quale soggetto vicino a Roberto Porcaro, al quale avrebbe garantito un ritorno economico dopo aver avviato le pratiche presentate a Invitalia. Per illustrare la figura di Mazzei, il test ha citato Filippo Morrone e Mario Sirangelo, definiti dall’esponente delle Fiamme Gialle quali “prestanomi” di Mazzei. Nel racconto emerge anche il pestaggio ai danni di Valentino De Francesco ad opera, secondo la Finanza, di Porcaro, e poi quello subito da Sirangelo.
Sempre parlando di Mazzei, il maresciallo Gigliotti ha argomentato, dal punto di vista investigativo, anche la vicenda del “Settimo Cafè” di Montalto Uffugo, di cui aveva parlato anche Roberto Porcaro prima di pentirsi di essersi pentito.
L’ultimo capo d’imputazione trattato è stato quello della presunta corruzione elettorale a Rende. Vicenda che nasce dalle intercettazioni a carico di Agostino Briguori, imprenditore del Tirreno cosentino, imputato nel rito ordinario. Tuttavia l’avvocato Nicola Carratelli, difensore dell’ex sindaco Marcello Manna, ha contestato il fatto che non ci sono atti a firma dell’ufficiale di polizia giudiziaria nella querelle giudiziaria. Il presidente Ciarcia ha comunque consentito al teste di esporre il materiale investigativo avendo partecipato alla fase preliminare.
Agostino Briguori, secondo quanto dichiarato da Gigliotti, era in rapporti d’amicizia con Antonio Manzo, altro imputato di “Reset“. Ed è in questa fase che la Finanza prende atto, dal suo punto di vista, che Manzo propone a Briguori di orientare un pacchetto di voti in favore dell’allora candidato a sindaco Marcello Manna. Manzo aveva proposto l’assunzione di ogni singolo componente di un nucleo familiare anche in cooperative e Briguori, come ha detto il finanziere, avrebbe girato la richiesta a Manna. C’è da dire che già il Riesame su questo capo d’accusa aveva escluso la gravità indiziaria. L’esponente delle Fiamme Gialle ha aggiunto di aver filmato con i suoi colleghi un incontro elettorale nel corso del quale Manzo avrebbe partecipato al comizio di Manna.
Il primo a prendere la parola nel collegio difensivo è stato l’avvocato Nicola Carratelli, difensore di Marcello Manna. Tra Manna e Briguori c’erano rapporti datati, anche dovuti a rapporti di tipo professionale, in quanto l’avvocato cosentino era il legale dell’imprenditore tirrenico, interessandosi anche a una vicenda che riguardava l’Unical. «La mia percezione, mediante l’ascolto delle intercettazioni, era che in quel momento Manna non rivestiva l’incarico di legale di Briguori».
L’avvocato Carratelli, tuttavia, ha chiesto se c’erano fatti specifici che comprovassero l’ipotesi accusatoria, ma il teste non ha aggiunto nulla di particolare se non che i due imputati si sono incontrati ad inizio del mese di maggio del 2019. Dunque, nessun elemento come ha rimarcato il legale Carratelli, anche se il finanziere ha chiarito di aver desunto un incontro di Briguori con un altro soggetto nella sezione “partitica” di Manna che non ha mai parlato con Manzo della proposta elettorale né di averlo fatto con un altro avvocato dello studio diretto dal penalista cosentino.
L’altro intervento ha riguardato il caso del “Settimo Cafè“, dove l’avvocato Raffaele Rigoli ha posto alcune domande circa l’avvenuta realizzazione dei lavori sottesi all’emissione delle fatture ritenute strumentali al finanziamento, ma il teste non ha avuto modo di verificare il tutto. Poi è stata la volta della posizione di Antonio Lucà, difeso dall’avvocato Antonio Quintieri e subito dopo quella di Francesco Stola. In questo caso, il legale ha chiesto al teste se abbia fatto indagini sul domicilio di Stola. «In via Miceli», ma l’avvocato ha puntualizzato che lì c’era il secondo bar.
Con Porcaro «si frequentavano» ha aggiunto Gigliotti. «Sa se tra Saverio Piane e Stola ci fosse un’amicizia?», ha domandato l’avvocato Quintieri. «Non so» ha risposto. «Sa se Stola fosse uno dei capi ultrà del Cosenza?», «sì sapevo di questa cosa, ma non so se partecipasse anche Piane» ha risposto il finanziere. Parlando ancora del noleggio delle sedie a sdraio, da introdurre nei reparti anche nei momenti in cui era vietato entrare, Stola aveva fatto rimostranze anche all’Azienda Ospedaliera, cosa che il teste non ne era a conoscenza. Il legale ha posto l’accento anche sul fatto che il suo assistito non ha preteso alcunché avendone discusso anche con un maresciallo dei carabinieri. «Si parlava di usura, sa se Piane e Stola fossero sotto usura?» ha ribadito il legale Quintieri. «Stola consigliava Piane a prendere tempo» ha replicato Gigliotti.
Sempre a riguardo la posizione del tifoso rossoblù, ha preso la parola l’avvocato Cristian Cristiano, co-difensore, focalizzandosi anche sulle sedie a sdraio. Inoltre, l’avvocato Cristiano ha citato un’intercettazione tra Piane e Stola in cui il primo interlocutore parlerebbe di una sentenza assolutoria di Roberto Porcaro, che il conversante avrebbe letto su Cosenza Channel, quindi la nostra testata era la fonte di Piane. «Si parla di assoluzione? No, non se ne parla chiaramente». Altra posizione trattata è quella di Andrea Bruni, imputato di una presunta estorsione a una gelateria di Cosenza e Rende. «Mera deduzione che sia lui» ha risposto Gigliotti su domanda dell’avvocato Luca Acciardi, il quale ha posto l’attenzione sul fatto che la polizia giudiziaria non ha inteso sentire come parte offesa il titolare della gelateria.
È toccato poi all’avvocato Laura Gaetano intervenire con domande circoscritte alla posizione di Rosanna Garofalo collegate a quella di Francesco Patitucci: «Avete avuto modo di verificare se Porcaro era pronto a sottrarsi alla cattura se fosse stato condannato per l’omicidio di Luca Bruni?» ha chiesto la penalista. «No, non abbiamo avuto modo di fare questo» ha risposto. E infine gli incontri tra la Garofalo e Salvatore Garofalo e Antonio Lucà, non erano abitudinari, non essendo gli stessi soggetti ritenuti vicini al contesto associativo. Poi l’avvocato Piergiuseppe Cutrì, difensore di Filippo Morrone, ha domandato alcune circostanze riguardo l’apertura di diverse società finite nel mirino degli investigatori, a seguire l’avvocato Fabio Parise, che assiste Mario Sirangelo, le cui domande hanno riguardato sempre aspetti finanziari e burocratici in riferimento alle società riconducibili all’imputato.
Per ultimo la posizione di Andrea Mazzei. Il controesame è stato fatto dall’avvocato Michele Franzese, in sostituzione dell’avvocato Alessandro Diddi, e dal penalista Sergio Rotundo. L’avvocato Franzese ha fatto rilevare che non ci sono intercettazioni tra Porcaro e Mazzei, accendendo i riflettori sulla pratica “Settimo Cafè”. «Qualcuno ha portato soldi al dottor Mazzei?» in relazione al pagamento di una tranche del finanziamento avvenuto ad ottobre 2018. «No, non abbiamo constatato questa circostanza». Invitalia, ha fatto notare l’avvocato Franzese, non ha mai eccepito nulla al suo assistito anche in riferimento alle centinaia di pratiche espletate dal consulente finanziarie cosentino.
Il legale ha poi affrontato gli altri capi d’imputazione, tra cui le presunte estorsioni che sarebbero state perpetrate da Mazzei nei confronti dei titolari del “Settimo Cafè“, di Sirangelo, Morrone e De Francesco ma «con nessuno dei soggetti ritenuti vittima c’era un risentimento nei confronti di Mazzei» ha specificato il teste a domanda del difensore Franzese. Il controesame è stato concluso dall’avvocato Rotundo. «La persona di Mazzei è stata introdotta da un collaboratore di giustizia», ovvero Zaffonte, il quale avrebbe escluso che l’imputato fosse associato alla ‘ndrangheta cosentina, non incontrandosi mai, tra le altre cose, con Patitucci, come ha fatto emergere l’avvocato Rotundo. Infine, Porcaro non sarebbe salito come passeggero in nessun periodo nelle auto di Mazzei (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)
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