Estorsioni e droga a Cosenza, le motivazioni della sentenza "Overture"
Estorsioni e droga a Cosenza, le motivazioni della sentenza "Overture"
Estorsioni e droga a Cosenza, le motivazioni della sentenza "Overture"
Estorsioni e droga a Cosenza, le motivazioni della sentenza "Overture"
Estorsioni e droga a Cosenza, le motivazioni della sentenza "Overture"
Le dichiarazioni dei pentiti, quelle delle vittime e, ultimo – ma non in ordine d’importanza – le intercettazioni telefoniche. È l’incrocio di questi tre dati che, lo scorso 23 aprile, ha indotto i giudici di Cosenza a decretare la condanna di 25 imputati su un totale di 27, giudicati nell’ambito del processo “Overture”. Tre mesi dopo, in leggero anticipo sui tempi richiesti dal collegio giudicante, sono state rese note le motivazioni della sentenza di primo grado che ha interessato due distinti gruppi criminali. Il primo, quello di dimensioni più consistenti, che si ritiene capeggiato da Alfonsino Falbo, specializzato nel traffico di stupefacenti, e l’altro, più ristretto, con in testa Gianfranco Sganga, tirato in ballo per una serie di estorsioni in stile mafioso.
Alla fine hanno prevalso le ragioni della Dda di Catanzaro che già cinque anni fa, con l’inchiesta in questione, apriva di fatto il capitolo, ancora attuale, di un commercio della droga in città gestito in modo unitario dai clan con la supervisione di un’entità criminale chiamata “Sistema”. In questo contesto, il gruppo di Falbo – con Sergio Raimondo e Riccardo Gaglianese intesi come organizzatori e promotori – rappresenta solo una parte delle persone coinvolte nel giro descritto da collaboratori di giustizia come Luciano Impieri, Giuseppe Zaffonte, Celestino Abbruzzese e sua moglie Anna Palmieri, ovvero i primi a descrivere il nuovo assetto stabilito dai boss locali per spartirsi il mercato dei narcotici.
L’altro personaggio chiave dell’inchiesta è Gianfranco Sganga che, all’epoca, dopo aver scontato nove anni di carcere per associazione mafiosa, si ritrova, secondo gli investigatori, a occupare uno spazio centrale soprattutto in tema di racket. Tre, in tal senso, gli episodi finiti nel mirino della Direzione antimafia: si va dai tentativi d’infiltrazione nei lavori sugli impianti di illuminazione dell’Unical, a quelli di ampliamento dell’Annunziata, passando per il restauro del convento di San Francesco di Paola. Si tratta solo di una sentenza di primo grado, se ne riparlerà tra circa un anno in Appello.
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