Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Narcotraffico tra Cassano e Cosenza, parlano i pentiti | NOMI
Uno dei capitoli contenuti nell’informativa finale delle forze dell’ordine sul presunto traffico di droga tra Cassano e Cosenza riguarda i collaboratori di giustizia. La Dda di Catanzaro, nell’intento di costruire il puzzle investigativo, richiama le dichiarazioni di sette pentiti. Tutti cosentini, ai quali si aggiunge Roberto Porcaro che solo per ragioni temporali, non è stato sentito dai pubblici ministeri antimafia, coordinati dal procuratore capo Nicola Gratteri. Stessa cosa dicasi per Ivan Barone, le cui propalazioni sono state utilizzate già davanti al Riesame di Catanzaro.
Gli ex mafiosi menzionati dalla Dda di Catanzaro, come detto, sono tutti originari del capoluogo bruzio. Parliamo di Vincenzo De Rose, Marco Paura, Francesco Noblea, Giuseppe Zaffonte, Luciano Impieri e i coniugi Celestino Abbruzzese alias “Micetto” e Anna Palmieri. Per il pubblico ministero Alessandro Riello, «il contributo degli ultimi due, il primo dei quali ricordiamo essere consanguineo del ceppo dei “Banana“, è un narrato decisamente più puntuale rispetto a quello degli altri collaboratori» si legge nelle carte dell’inchiesta.
«Per tutti i collaboratori – a dire della magistratura antimafia di Catanzaro – vale un unico “comune denominatore”: allorquando riferiscono questioni o accadimenti connessi ai traffici di stupefacenti sono concordi nel dire che determinate tipologie di droga provengono dal comprensorio cassanese e nello specifico dagli “zingari” (clicca su avanti per leggere Vincenzo De Rose)
Vincenzo De Rose, nell’interrogatorio del 14 agosto 2017, davanti al pm antimafia Camillo Falvo – aveva affermato di essere a conoscenza che, nel capoluogo di provincia, gli stupefacenti del tipo cocaina ed eroina provenissero da Cassano Ionio («sennò la cocaina e l’eroina viene da Cassano»). Sempre De Rose, qualche mese dopo, aveva aggiunto che Antonio Abruzzese alias “Strusciatappne” e Maurizio Rango erano i punti di riferimento per la famiglia Abbruzzese di Cosenza. «Maurizio Rango – scrive la Dda di Catanzaro – era il capo degli zingari – dai quali dipendeva anche la famiglia “Banana” – prendeva le decisioni sul narcotraffico ed aveva i contatti per acquistare la droga dagli appartenenti della famiglia Abbruzzese di Cassano» (clicca su avanti per leggere Marco Paura)
Il collaboratore Marco Paura nell’interrogatorio del 25 settembre 2015, dopo essere stato arrestato nell’operazione “Job Center“, «alla stregua di Vincenzo De Rose, riferiva di essere a conoscenza del fatto che lo stupefacente nella disponibilità degli appartenenti della famiglia “Banana” provenisse dalla città di Cassano Ionio». Un’informazione che l’ex pentito avrebbe appreso direttamente da Celestino Abbruzzese alias “Micetto”. «So che i fratelli Abbruzzese, detti i Banana, si riforniscono di droga nella zona di Cassano Ionio, perché me lo ha riferito Celestino») (clicca su avanti per leggere Francesco Noblea)
Il 13 novembre del 2017, Francesco Noblea – riporta la Dda di Catanzaro – affermò che i suoi “abituali fornitori di stupefacenti erano i fratelli “banana“, ossia «Luigi, Nicola, Tonino, Claudio», ovvero Luigi Abbruzzese alias “Pikachu”, Nicola Abbruzzese, Antonio Abruzzese e Celestino Abbruzzese, alias “Micetto”. «Essi, a loro volta, venivano riforniti di sostanze psicotrope dal cosiddetto “canale cassanese“, una notizia che Noblea dichiarò di averla appresa “de relato” da Marco Paura e dalla viva voce di Celestino Abbruzzese alias “Micetto“».
Poi nel marzo del 2018, Francesco Noblea riferì di una “frattura” in seno alla compagine criminale degli zingari di Cosenza. «Il collaboratore rivelava” che gli “zingari” si erano divisi. Un gruppo era andato con “Strusciatappine“, l’altra parte invece era rimasta con i “Banana“. «L’astio creatosi derivava dal fatto che Strusciatappine acquistava l’eroina ad un prezzo di 19 euro al grammo nella città di Napoli, mentre il secondo era costretto ad acquistare la stessa tipologia di stupefacente a Cassano ad un prezzo nettamente superiore». Secondo Noblea questo era il motivo per cui «Marco Abbruzzese alias “lo struzzo”» aveva attentato alla vita di Rocco Abbruzzese alias “il pancione”, episodio delittuoso per il quale è stato condannato in “Testa di Serpente” (clicca su avanti per leggere Giuseppe Zaffonte)
Il 30 maggio 2019 è la volta di Giuseppe Zaffonte, uno dei primi a parlare del cosiddetto “Sistema” istituito dalle organizzazioni criminali di Cosenza per procedere alla vendita dello stupefacente nelle piazze di spaccio, di cui faceva parte anche la famiglia “Banana“, la quale «per la cocaina doveva fare riferimento a Roberto Porcaro, mentre per l’eroina poteva approviggionarsi in autonomia. Sempre Zaffonte riferì alla Dda di Catanzaro che «il referente del gruppo “banana” era Luigi Abbruzzese e dell’organizzazione facevano parte i fratelli Marco e Nicola Abbruzzese, il cognato Antonio Abruzzese, nonché altri come Ivan Barone, Gennaro Presta e Gianluca Maestri» (clicca su avanti per leggere Luciano Impieri)
Luciano Impieri, definito nel periodo in cui gravitava nella ‘ndrangheta quale “il piccolo Patitucci“, per la sua capacità di portare “a casa” le richieste estorsive, durante l’interrogatorio reso il 12 maggio 2018, parlando della caratura criminale di Gennaro Presta, dichiarò che «credo che ora che è uscito dal carcere Gennaro Presta è lui a comandare gli zingari; so che appena uscito ha chiamato tutti quelli che spacciano per dire la droga che dovevano prenderla da lui» disse Impieri.
«Presta è in posizione verticistica, so che ora collabora certamente con lui Tonino Capiceddra (Antonio Marotta, ndr); so anche che ha rapporti con gli zingari di Cassano anche perché la droga viene da Cassano e lui porta in testa Dentuzzo (Francesco Abbruzzese, ndr) nella copiata del battesimo; so che Presta ha la Santa o il Vangelo, comunque la quinta carica di ‘ndrangheta». I pm antimafia esaltano il narrato di Impieri visto che ha permesso alle forze dell’ordine di avere ulteriori riscontri circa le modalità di pagamento dello stupefacente venduto dai cassanesi ai cosentini.