"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
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"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
"Reset", focus sul gruppo di Roberto Porcaro: chi è il presunto boss emergente
Per la Dda di Catanzaro Roberto Porcaro è il capo emergente della ‘ndrangheta cosentina, avendo gestito il potere criminale nel periodo in cui il boss Francesco Patitucci era in carcere per la detenzione di una pistola. Cresciuto, criminalmente parlando, nel clan “Lanzino” di Cosenza, nel corso degli anni ha acquisito una certa autonomia, raggiungendo il vertice della cosca degli italiani. Lo dicono a chiare lettere gli investigatori e i magistrati antimafia di Catanzaro in più parti dell’inchiesta “Reset“.
Porcaro, tuttavia, avrebbe esteso i suoi tentacoli anche al di fuori dell’area urbana di Cosenza, acquistando diversi quantitativi di sostanza stupefacente da Francesco Suriano, presunto narcotrafficante di Amantea, condannato a 20 anni di carcere insieme a Porcaro nel processo “Crypto“, a seguito delle indagini coordinate dalla Dda di Reggio Calabria.
Negli ultimi anni, inoltre, è stato coinvolto in due processi per omicidio. Il primo quello di Luca Bruni, da cui n’è uscito con un’assoluzione insieme a Patitucci, mentre il secondo riguarda il delitto di Giuseppe Ruffolo, per il quale la Dda di Catanzaro, dopo aver ottenuto il suo arresto, ha messo in stand-by la sua posizione, dopo il giudizio espresso dal Riesame di Catanzaro. Attenzioni investigativi riattivate soltanto di recente con la chiusura indagini della maxi inchiesta Reset (clicca avanti per continuare a leggere)
Secondo la Dda di Catanzaro, Roberto Porcaro «nella sua qualità di capo, organizzatore e promotore dell’associazione, investito, nel periodo di detenzione di Patitucci e nel quale egli era viceversa in libertà, del ruolo di “reggente” ; egli rappresenta l’espressione concreta sul territorio della forza di intimidazione dell’associazione; è il dominus delle principali attività criminali pianificate ed eseguite per conto dell’associazione, con particolare riferimento all’usura, alle estorsioni, all’esercizio abusivo del credito, al reimpiego di capitale di provenienza illecita, al traffico di sostanze stupefacenti».
Roberto Porcaro, arrestato nel dicembre del 2019 nell’ambito dell’operazione “Testa di Serpente“, «si muove diffusamente nella città di Cosenza, quasi sempre a bordo di uno scooter, dando visibilità della sua costante presenza sul territorio, tanto ai suoi sodali quanto alle vittime dei reati; ed interviene personalmente nelle principali vicende delittuose». Le indagini avrebbero anche dimostrato come Porcaro dirigesse «la perpetrazione dei reati tipicamente contro il patrimonio, spesso incontrando ed affrontando direttamente le persone offese che convoca al suo cospetto o che raggiunge egli stesso, al fine di intimorirle o percuoterle per realizzare ingiusti profitti patrimoniali; in tal modo rimarca la carica intimidatoria dell’associazione nei confronti delle vittime dei reati, determinando nelle stesse la tipica condizione di assoggettamento e di omertà».
Per la Dda di Catanzaro, Roberto Porcaro si sarebbe insinuato «nel tessuto produttivo locale, autorizzando, finanziando o comunque sostenendo investimenti di imprenditori che poi trasforma in soggetti debitori nei suoi confronti nonché promuovendo investimenti finanziari con provviste illecite o comunque fittizie, così consentendo all’associazione criminale di acquisire anche il controllo di talune attività economiche. Attraverso i suoi diretti interventi, quindi, assicura, personalmente ovvero anche attraverso sodali di strettissima fiducia, la riscossione dei proventi illeciti delle singole attività delittuose, implementando la cassa (cosiddetta bacinella) dell’associazione criminale di cui ha la disponibilità e l’amministrazione, anche attraverso» l’ex moglie Silvia Guido (clicca avanti per continuare a leggere)
Nel presunto gruppo mafioso di Roberto Porcaro farebbero parte anche Silvia Guido, Carmine Caputo e Massimiliano D’Elia. Nel caso della Guido, la Dda di Catanzaro scrive che «nella sua qualità di organizzatrice dell’associazione; nella sua veste di moglie di Roberto Porcaro, ne segue e condivide le attività delittuose, ponendosi come imprescindibile cerniera di raccordo con Francesco Patitucci e Rosanna Garofalo, con i quali mantiene costanti e quotidiani rapporti; in particolare, funge da intermediaria nella raccolta di denaro di spettanza del marito per il quale detiene la contabilità poi condivisa» dagli ex coniugi Francesco Patitucci e Rosanna Garofalo, «nonché si occupa anche di reperire informazioni riservate relative alla pendenza di attività di indagine ovvero all’imminenza di attività delle forze di polizia». Carmine Caputo, invece, «un uomo di fiducia di Roberto Porcaro, partecipa a decisive riunioni di ‘ndrangheta e si mette a disposizione per ogni evenienza funzionale all’associazione, in specie intestandosi motoveicoli messi nella esclusiva disponibilità dello stesso Porcaro».
Infine, c’è Massimiliano D’Elia che «nella qualità di partecipe dell’associazione» sarebbe al servizio di Roberto Porcaro, «dapprima con compiti più marginali nel traffico di stupefacenti e nelle attività estorsive, per poi elevarsi criminalmente, compiendo anche fatti di sangue, tra cui l’omicidio di Giuseppe Ruffolo per cui ha già riportato condanna» sia in primo che in secondo grado e attende il verdetto della Cassazione (clicca avanti per continuare a leggere)
Altre figure del presunto sodalizio, che sarebbe a stretto contatto con il gruppo di Patitucci e della famiglia Abbruzzese “Banana”, sono Michele Rende, Alessandro Morrone e Andrea Mazzei, per il quale la Cassazione di recente ha annullato con rinvio l’ordinanza di conferma del Riesame relativamente sia all’associazione mafiosa che all’aggravante. Michele Rende, secondo la Dda di Catanzaro, «si occupa di diverse attività delittuose, dallo spaccio di sostanze stupefacenti, all’usura, alle estorsioni». Morrone, invece, «gestisce, anche mettendo a disposizione il negozio di frutta e verdura, attività illecite, in specie di usura». Mazzei invece «mette principalmente e stabilmente a disposizione la sua attività di consulente finanziario, consentendo a Porcaro e ad altri soggetti da quest’ultimo individuati, di realizzare operazioni finanziarie di natura illecita poiché volte a simulare le intestazioni di beni e compendi societari, ottenere fraudolentemente erogazioni pubbliche, quindi reimpiegare denaro di provenienza illecita» (clicca avanti per continuare a leggere)
Francesco Greco sarebbe il «luogotenente di Roberto Porcaro dedito alla commissione di diversi reati fine e, in particolare, alla sistematica gestione di vicende estorsive mediante la realizzazione di atti propedeutici – danneggiamenti ed intimidazioni – finalizzati ad intimidire le vittime e costringerle a soggiacere alle richieste della consorterie egemone sul territorio bruzio per la quale opera». Mentre Russo sarebbe «dedito alla commissione di diversi reati fine e, in particolare, alla sistematica gestione di vicende usurarie o comunque inerenti all’attività di esercizio abusivo del credito, assolvendo in tale ambito delittuoso con marcata versatilità, talvolta al ruolo di esattore, talvolta a quello di promotore o intermediario nella conduzione dei rapporti di debito-credito, facenti capo al suo gruppo criminale di riferimento». Broccolo infine sarebbe dedito alla commissione di diversi reati fine e, in particolare, «alla sistematica gestione di vicende usurarie o comunque inerenti all’attività di esercizio abusivo del credito, assolvendo in tale ambito delittuoso con marcata versatilità, talvolta al ruolo di esattore, talvolta a quello di mediatore nella conduzione dei rapporti di debito-credito, facenti capo al suo gruppo criminale di riferimento». Le stesse accuse vengono contestate a Giuseppe Perrone (clicca avanti per continuare a leggere)
Il capitolo più interessante riguarda i fratelli Turboli. Descrivendo il ruolo di Alberto, la Dda di Catanzaro ritiene che lo stesso sia «dedito alla commissione di diversi reati fine e, in particolare, alla sistematica gestione di vicende usurarie o comunque inerenti all’attività di esercizio abusivo del credito ricoprendo in tale specifico ambito delittuoso, con marcata versatilità, talvolta al ruolo di esattore, talvolta a quello di contabile nella conduzione dei rapporti di debito-credito, facenti capo al suo gruppo criminale di riferimento». Danilo, fratello di Alberto, si sarebbe occupato di vicende estorsive finalizzate ad assicurare alla cosca il controllo del territorio ed il condizionamento dell’economia locale, sia originate dalla necessità di costringere i debitori a restituire le somme ricevute in prestito nell’ambito dell’attività usuraria o di esercizio abusivo del credito condotta dagli esponenti del gruppo facente capo a Roberto Porcaro» (clicca avanti per continuare a leggere)
I pm antimafia ipotizzano che Sergio La Canna «nella qualità di partecipe dell’associazione, di membro del gruppo facente capo a Roberto Porcaro e, segnatamente, in qualità di soggetto adibito ad una forma di sistematica e fiduciaria collaborazione con Alberto Turboli nella gestione dell’attività di esercizio abusivo del credito o di concessione di prestiti verosimilmente usurari». Rosetta Falvo invece in qualità di alter ego del marito, Alberto Turboli con cui collabora nella gestione dell’attività di esercizio abusivo del credito e nella concessione di prestiti, verosimilmente usurari, subentrandogli e – di fatto – sostituendolo nella conduzione di tali affari illeciti a seguito della sottoposizione dello stesso a fermo di indiziato di delitto e alla conseguente misura della custodia cautelare in carcere, eseguita nei suoi confronti, nell’ambito dell’operazione denominata “Testa di Serpente”». Poi c’è Francesco Stola, il quale sarebbe «vero e proprio factotum di Roberto Porcaro, al quale trasmette “imbasciate” ed informazioni di vario genere e sulla base delle cui direttive agisce come intermediario nella conduzione di attività illecite e per l’esazione delle somme di denaro, provento di attività di estorsione o, comunque, derivanti dal perpetrazione di altri reati dell’associazione» (clicca avanti per continuare a leggere)
Per la Dda di Catanzaro Carlo Drago sarebbe un «versatile luogotenente di Roberto Porcaro dedito alla commissione di diversi reati fine e, in particolare, alla sistematica gestione dell’attività di esercizio abusivo del credito, di concessione di prestiti ad usura, al riciclaggio ed autoriciclaggio di denaro provento di delitti commessi, rispettivamente, da altri membri del sodalizio o da lui stesso, nonché alla gestione abusiva ed illecita dei giochi e delle scommesse, nella duplice veste di interlocutore dell’imprenditoria autorizzata ad operarvi sotto l’egida della consorteria criminale di cui fa parte, garante del rispetto delle regole dalla stessa imposte in tale settore economico e come vertice di un autonomo gruppo affaristico dedito al noleggio di slot machine, contenenti schede alterate o contraffatte e alla gestione diretta o mediata di sale da gioco ed agenzie di scommesse». Giovanni Drago invece «in concorso con il padre Carlo Drago – di cui esegue le direttive e, talvolta, fa le veci – e, in particolare, alla sistematica gestione dell’attività di esercizio abusivo del credito, di concessione di prestiti ad usura, al riciclaggio ed autoriciclaggio di denaro provento di delitti commessi, rispettivamente, da altri membri del sodalizio o da lui stesso, nonché alla gestione abusiva ed illecita dei giochi e delle scommesse». Infine la posizione di Alberigo Granata, su cui il Riesame di Catanzaro aveva escluso i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati. Per la Dda di Catanzaro, si sarebbe dedicato «alla sistematica gestione dell’attività di esercizio abusivo del credito, di concessione di prestiti ad usura, al riciclaggio ed autoriciclaggio di denaro provento di delitti commessi, rispettivamente, da altri membri del sodalizio o da lui stesso, nonché alla gestione abusiva ed illecita dei giochi e delle scommesse».
Nell’elenco si può inserire anche Alessandro Catanzaro. Per la Dda di Catanzaro, il soggetto in questione avrebbe agevolato «sia Francesco Patitucci che Roberto Porcaro ai quali organizza i principali appuntamenti funzionali alla perpetrazione delle singole vicende delittuose, ponendosi come intermediario tra gli stessi vertici dell’associazione e gli altri sodali ovvero le vittime dei reati, al fine precipuo di consentire loro di eludere attenzioni investigative; prende in locazione un appartamento al solo scopo di farvi dimorare Roberto Porcaro». Secondo gli investigatori Alessandro Catanzaro più volte avrebbe custodito «stupefacente e denaro provento di attività delittuose».
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