Il caso Recovery e la posizione di Silvia Guido, cosa scrive la Cassazione sulla presunta contabile
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Il caso Recovery e la posizione di Silvia Guido, cosa scrive la Cassazione sulla presunta contabile
Il caso Recovery e la posizione di Silvia Guido, cosa scrive la Cassazione sulla presunta contabile
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Silvia Guido, imputata in Recovery, disponendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza del Tribunale di Catanzaro dell’11 giugno 2024. L’ordinanza contestata confermava la custodia cautelare in carcere per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico e per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.
Il primo motivo di ricorso, ritenuto fondato e assorbente, riguarda la retrodatazione dei termini di custodia cautelare prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. La difesa di Silvia Guido, rappresentata dall’avvocato Giorgia Greco, ha sostenuto che gli elementi probatori alla base della nuova misura cautelare erano già presenti nel procedimento precedente denominato Reset.
Secondo la Cassazione, il Tribunale di Catanzaro non ha applicato correttamente il principio di retrodatazione: «Il meccanismo della retrodatazione consiste nel ‘riallineamento‘ tra misure cautelari che, pur dovendo essere coeve, sono state separatamente adottate». La Corte ha richiamato le Sezioni Unite (sentenza n. 23166/2020), sottolineando che la retrodatazione è applicabile se gli elementi probatori erano già desumibili al momento dell’emissione della prima ordinanza.
Un ulteriore motivo del ricorso riguarda l’inutilizzabilità degli SMS scambiati tra la Guido e Antonio Illuminato. La difesa ha denunciato che non era stata rilasciata copia dei file originali degli SMS, compromettendo la possibilità di verificare la genuinità delle prove.
Per quanto riguarda il ruolo della Guido nell’associazione per delinquere, accusata di essere la presunta contabile del gruppo capeggiato da Francesco Patitucci, la difesa ha contestato che gli indizi a suo carico fossero stati travisati e che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fossero insufficienti. La Corte ha rilevato che l’ordinanza del Tribunale non chiarisce adeguatamente la portata delle dichiarazioni di Francesco Greco e Ivan Barone.
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, rinviando per una nuova valutazione.
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